Venerdì 23 Agosto 2024

L’esempio della Rosa Bianca. Un martirio e un atto di accusa

Il sacrificio dei giovani della Rosa Bianca non assolve la Germania nazista, ma la denuncia. Il loro martirio fu un atto d'accusa contro il popolo che non si ribellò al regime.

L’esempio della Rosa Bianca. Un martirio e un atto di accusa

Sophie e Hans Scholl

Potrebbero assolvere ad una funzione catartica i ragazzi della Rosa Bianca. Nel loro sacrificio troverebbe assoluzione e riscatto il popolo tedesco, a dimostrazione che non tutta la Germania si piegò al nazismo. La lettura de La Rosa Bianca di Paolo Ghezzi, però, sgombra il campo da questa frettolosa consolazione. La vita dei fratelli Hans e Sophie Scholl, di Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf – ventenni universitari a Monaco –, mostra piuttosto come il loro martirio sia stato un atto d’accusa contro i connazionali del tempo. Nel 1943 il gruppo sfidò il regime, diffondendo sei volantini nella speranza di uno scatto di coscienza dei tedeschi, che non ci fu. Il popolo di Goethe e Schiller, citati nella prosa classicheggiante del giovani, restò immerso nel sonno della ragione che genera mostri dipinto da Goya. Anche quei ragazzi, come il professor Kurt Huber che li aiutò e con essi condivise la ghigliottina, caddero all’inizio nel torpore indotto dalla retorica nazista.

Ma seppero risvegliarsi. Non scelsero il martirio, morirono da martiri in quell’"ecumenismo del sangue" più volte evocato da papa Bergoglio. Erano luterani gli Scholl, ortodosso Schmorell, cattolici Graft e alla fine anche il sincretico, meditativo, Probst. "Siate di quelli che mettono in pratica la Parola e non solo ascoltatori": Sophie scelse questo passo della Lettera di Giacomo come sua massima.

La Rosa Bianca lo incarnò. In solitudine come gli altri eroi della Resistenza tedesca, dal teologo Dietrich Bonhoeffer al colonnello Claus von Stauffenberg. Una Resistenza episodica, senza popolo, animata da donne e uomini liberi, fari della Germania e dell’Europa di oggi.

Giovanni Panettiere