Massi
È anche una questione di distanze (ravvicinate) e giocoforza di equilibri. Tra il Quirinale – che fu dimora dei Papi prima di diventarla del re e poi del presidente della Repubblica – e piazza San Pietro ci sono esattamente due chilometri e mezzo. La distanza che separa due Stati: l’Italia e Città del Vaticano. Quando Paolo VI, da poco salito al soglio pontificio, invita in Vaticano Antonio Segni, presidente della Repubblica, fotografa quella che è la situazione – è il 24 luglio 1963 – e cristallizza anche lo stato dei rapporti tra Italia e Vaticano: "Una perfetta normalità di rapporti tra la Sede Apostolica e lo Stato Italiano, una chiara prova dell’equilibrio pacifico e felice che i Patti Lateranensi, tanto faticosamente raggiunti, ma acquisiti ormai alla storia presente e futura, hanno stabilito fra le due somme Potestà, la ecclesiastica e la civile, in questo punto unico al mondo, della loro più caratteristica convergenza e della loro più delicata convivenza che è Roma".
Nel frattempo però erano accadute diverse cose che avevano rappresentato una svolta significativa e storica nei rapporti. A iniziare proprio dai Patti Lateranensi che furono sottoscritti nel 1929 da Mussolini, durante il regime fascista dunque, e che non sembrava fosse scontato che entrassero nella Costituzione della neonata repubblica. Con somma trepidazione del Vaticano.
Antonio Preziosi (attuale direttore del Tg2), parte proprio da lì, per raccontare la convergenza e la convivenza (per utilizzare i termini di Paolo VI nell’incontro con Segni) tra i due Stati, nel suo libro Linea segreta (San Paolo editore). Un titolo che evoca la linea rossa, quella conosciuta nella storia contemporanea come canale di comunicazione d’emergenza durante la guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Materialmente non c’è stato mai bisogno di un telefono per comunicare e non solo per un fatto di distanze (così ravvicinate), mentre si sono susseguite diverse visite diplomatiche, non sempre di circostanza.
Proprio monsignor Giovanni Battista Montini – che nel 1963 sarebbe diventato Paolo VI – tiene i rapporti nei giorni caldi in cui si discute se inserire i Patti Lateranensi in Costituzione con l’allora ministro degli Esteri Carlo Sforza che è preoccupato dalle mosse del Partito comunista e del suo segretario Palmiro Togliatti. Finirà che Togliatti sul discusso articolo 7 (quello che regola i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica secondo i Patti Lateranensi) annuncerà il voto favorevole "per salvaguardare la pace religiosa come dovere nei confronti della classe operaia, delle classi lavoratrici, verso il popolo italiano e la democrazia e la Repubblica e verso la nostra Patria".
Racconterà molti anni dopo Giulio Andreotti – che all’epoca era sottosegretario nel governo De Gasperi – che Giuseppe Dossetti stava andando a confortare monsignor Montini, convinti ormai che il Pci avrebbe votato no.
Nel libro ci sono tutti i passaggi cruciali della storia recente italiana e in taluni casi anche divisivi, dal punto d’osservazione cattolico, che richiedono una ricerca d’equilibrio nei rapporti tra Vaticano e Italia. Passaggi che affondano soprattutto negli anni Settanta in cui la conflittualità (non solo sociale), una società in repentino mutamento e la stagione di sangue del terrorismo, imporranno delle scelte e anche un dialogo più complesso: come nell’incontro che avvenne a settembre del 1972 tra il presidente democristiano Giovanni Leone e Paolo VI, in cui si discute della legge Fortuna-Baslini (1970), quella sul divorzio (in attesa del referendum abrogativo che arriverà nel 1974). Sul finire dell’incontro Leone definisce la famiglia "cellula originaria e insostituibile della società".
Ma ci sono punte anche drammatiche che si trasformeranno ben presto in tragedia. Come nei giorni del sequestro Moro, in cui Paolo VI – che aveva con il presidente della Dc un rapporto privilegiato sin dai tempi della Fuci (la Federazione degli studenti universitari cattolici) – cerca in prima persona una mediazione e anche una soluzione che possa passare anche per il pagamento del riscatto.
Quando, con l’avvento della Seconda Repubblica, l’unità dei cattolici in politica (con la Democrazia cristiana come unico riferimento) si spezzerà irrimediabilmente e per sempre, cambieranno anche le coordinate del dialogo tra Italia e Vaticano. Che rimarrà comunque sempre vivo. Seppure con diverse sfumature.