Peter e Ivan Koubek sono due fratelli che hanno appena subito un lutto. Peter è nei trent’anni, è un avvocato di successo, ha una relazione d’amore apparentemente platonico con Sylvia – una donna della sua età, "l’amore della sua vita", rimasta vittima di un grave incidente che l’ha lasciata con un dolore cronico che non le permette di avere rapporti sessuali – e una relazione apparentemente “casual“ con Naomi, una ragazza di vent’anni che sta finendo il college. Ivan ha 22 anni e gioca nelle competizioni di scacchi a livello professionale e lavora occasionalmente facendo analisi di dati per alcune aziende. Diversamente da suo fratello, si è sempre percepito strano a livello sociale, specialmente per quanto riguarda le interazioni con le donne. Fin dalle prime pagine, si capisce che i protagonisti dell’ultimo romanzo di Sally Rooney, Intermezzo (Einaudi), da mesi sulla bocca di tutti, sono quindi due personaggi molto diversi.
In seguito alla morte del padre, le vite dei due fratelli si ritrovano a intrecciarsi in più modi, per una serie di motivi, circostanze, ma anche scelte, in un momento in cui starsi vicino sembra un atto necessario, anche se non per forza sembra il più spontaneo. Ivan e Peter hanno un rapporto complicato, ed è proprio l’accuratezza tipica di Rooney nel descrivere le dinamiche tra i due personaggi, portando i lettori dentro le loro teste, a mettere in moto la storia. Come quasi tutti i romanzi dell’autrice irlandese, a livello di trama Intermezzo è stato definito "flat", "piatto", anche da chi l’ha più amato. Ma è proprio questo uno dei molti motivi alla base dell’enorme successo che la scrittrice sta riscuotendo ormai dai tempi di Persone normali (Einaudi 2019): Rooney racconta storie ordinarie di persone, appunto, normali. Non è tanto cosa succede nei suoi romanzi a catturare il lettore, ma il modo in cui viene raccontato.
Intermezzo è narrato dal punto di vista di entrambi i fratelli, un capitolo a testa. Verso la metà della storia, i due si incontrano per pranzo – la prima scena di azione nel presente in cui il lettore li vede interagire faccia a faccia. Gli scambi tra i due, raccontati dalla prospettiva di Ivan, sembrano avvenire nello stesso modo con cui un elastico può essere teso e allentato continuamente. Ivan ha appena iniziato a frequentarsi con Margaret, una donna di 36 anni conosciuta in occasione di una competizione di scacchi. Ne sta parlando a Peter, vuole condividere una cosa che lo rende felice, si sente a suo agio al punto da rivelare al fratello l’età della donna. Peter reagisce con scetticismo: "Pensi che una donna normale della sua età vorrebbe uscire con qualcuno nella tua situazione?" E così l’elastico si spezza. "Ti odio – gli risponde Ivan – Ti ho odiato per tutta la mia vita". Poi si alza e se ne va, e la scena si conclude. Almeno a livello “fisico“, perché in Intermezzo la maggior parte del tempo si passa forse nella mente dei personaggi, piuttosto che nel mondo fisico.
Elogiata per il suo impiego del flusso di coscienza, che lei stessa riconosce all’influenza di autori come James Joyce, Rooney fa scivolare i lettori tra i pensieri di Peter e Ivan, riproponendo frammenti delle loro interazioni come dei flash nei loro ricordi. La frase "Ti ho sempre odiato" riappare più volte nella prosa frammentata di Peter, fatta di periodi brevi, a volte decontestualizzati, a volte con una sintassi confusa, spezzata, a riflesso dello stato psico-fisico del personaggio, che spesso beve e fa uso di farmaci contemporaneamente. Similmente le parole "Pensi che una donna normale" riaffiorano più volte nei pensieri di Ivan, più lucidi, più ordinati, forse troppo ordinati: precisi, controllati, come le pedine su una scacchiera, in attesa della mossa successiva. Occasionalmente regalando una finestra anche sulla vita interiore di Margaret, Rooney mostra così al lettore lati dei personaggi che loro stessi non mostrano a nessun altro. Ed è forse questa la chiave del suo successo.
L’autrice di 33 anni è stata definita la “voce di una generazione“ per l’immenso seguito che ha trovato tra i millennial e la generazione Z. Nei suoi romanzi, pur trattandole in modo apparentemente marginale, Rooney tocca diverse tematiche di rilievo per i giovani adulti, dalla differenza tra classi sociali, alla precarietà lavorativa, all’aumento del costo della vita in città come Dublino. O ancora la paura del giudizio degli altri, le aspettative sociali, le relazioni monogame e non. Sono tutti temi che, seppur affrontati in storie ambientate in contesti occidentali, prevalentemente bianchi e di status sociale medio, possono risuonare in modo universale, portando alla vendita di milioni di copie e alla così detta “Rooney-mania“ – che sicuramente è anche il risultato di una grossa operazione di marketing, ma sarebbe superficiale ridurla solo a quello.
Che piaccia o no, la verità è che Rooney riesce a calare il lettore in una realtà parallela familiare, confortevole, realistica e comunque fiction allo stesso tempo, permettendogli di evadere e al contempo di confrontarsi con personaggi potenzialmente simili a lui, facendo qualcosa che nella vita reale non potrebbe mai fare: leggendo i loro pensieri.