Roma, 9 ottobre 2024 – “Mi era stata concessa l’opportunità di guardare dentro me stesso, e non potevo fare altro se non dire: voglio fare questo per sempre”. Queste le parole di Alfredo James Pacino, 84 anni, che si racconta nell’autobiografia “Sonny boy”, in arrivo in libreria in contemporanea mondiale il prossimo 15 ottobre. Edito in Italia da La nave di Teseo, il libro racconta per la prima volta la storia del celebre attore de “Il padrino” e “Scarface”, accompagnata da un inserto di immagini esclusive.
Fin dal principio della sua carriera, Al Pacino è esploso sulle scene artistiche “come una supernova”. “Sonny boy”, così intitolato per il soprannome che l’attore aveva da ragazzo, ripercorre il suo percorso creativo, dal primo ruolo da protagonista in “Panico a Needle Park” nel 1971, ai due film de “Il padrino” (1972-1974), insieme a “Serpico” (1973) e “Quel pomeriggio di un giorno da cani” (1975), che si affermano non solo come successi al botteghino ma come pietre miliari nella storia del cinema. Ruoli che diventano leggendari e cambiano la sua vita per sempre. Pacino all’epoca ha poco più di trent’anni, ma, come racconta il libro, “ha già vissuto diverse vite”. Figlio di una madre affettuosa ma mentalmente instabile e abbandonato dal padre, Pacino cresce con i ragazzi “avventurosi” delle strade del South Bronx. Ha condotto un’esistenza bohémienne, fatta di lavoretti saltuari, per mantenersi come attore di teatro d’avanguardia a New York. L’incontro decisivo è con un’insegnante che riconosce in lui il talento per la recitazione e lo indirizza alla rinomata High School of Performing Arts di New York. “Nei momenti migliori e in quelli difficili, nelle ristrettezze e nella ricchezza, attraverso il dolore e la gioia, la recitazione è stata la sua ancora di salvezza, la sua comunità, la sua famiglia – si legge nella sinossi dell’autobiografia – ‘Sonny Boy’ è la storia di un uomo che non ha più niente da temere e nulla da nascondere”.
Nel libro, l’attore statunitense si mette a nudo: racconta del periodo di spese folli – centinaia di migliaia di dollari al mese – probabilmente legato anche al fatto che era cresciuto in un contesto molto povero; parla di una truffa subita dal suo commercialista, dei ruoli che ha dovuto accettare dopo per rimettersi in piedi – come quello in “Jack and Jill” nel 2011, diretto da Dennis Dugan, per il quale ha vinto il Razzie Award come Peggior attore non protagonista. Ma racconta anche di esperienze più intense: in due recenti interviste per il New York Times e People magazine, in occasione dell’uscita dell’autobiografia, Pacino ha parlato di quando, nel 2020, il Covid ha rischiato di ucciderlo: “Hanno detto che non avevo più battito. Era così: sei qui, poi non ci sei più. Ho pensato: Wow, non hai nemmeno i tuoi ricordi. Non hai nulla. Strano, una specie di porridge” ha detto l’attore al NYT. Soccorso da una squadra di sei paramedici e due dottori nel suo salotto, Pacino si è risvegliato sotto shock: "Ho pensato di aver vissuto la morte. Potrei non averlo fatto... Non penso di essere morto. Tutti pensavano che fossi morto. Come potevo essere morto? Se fossi stato morto, sarei svenuto”. Il vincitore dell'Oscar ha poi detto al quotidiano statunitense che "non ha visto la luce bianca o altro" e che "non c'è niente" dopo la morte – sebbene l'esperienza abbia stimolato alcune riflessioni esistenziali.