L’illuminazione artificiale ci impedisce sempre più di ammirare le stelle. Ma non solo. È da considerarsi alla stregua di un inquinante, con un impatto grave su tutte le forme di vita che abitano il nostro pianeta. Eppure non se ne parla. "Io stessa, che mi dedico alla scienza a tempo pieno, ne sapevo poco" confessa Patrizia Caraveo, astrofisica di fama mondiale. "Occupandomi dell’inquinamento luminoso dal punto di vista astronomico, mi sono imbattuta quasi per caso in alcuni studi sugli effetti biologici che esso produce in piante, animali ed esseri umani. Ne sono rimasta talmente stupita che mi è sembrato valesse la pena parlarne". Nasce così il suo ultimo libro Troppa luce fa male (Edizioni Dedalo), un pamphlet chiaro e assai utile sul tema.
Caraveo, quali sono i principali danni da cui dobbiamo difenderci?
"Occorre partire da un concetto fisico fondamentale: la luce non è tutta uguale e produce effetti diversi sul nostro cervello. Di giorno, momento associato al lavoro e all’attività, la luce solare è più blu; mentre al mattino presto e di sera, momenti associati al riposo, è più rosata perché passa attraverso uno strato maggiore di atmosfera. Il nostro cervello si è evoluto su questi segnali; quando smette di esserci la componente blu nella luce, la ghiandola pineale comincia a produrre melatonina, l’ormone che regola il ciclo del sonno. Se in casa uso una luce bianca fredda, inibisco la produzione di melatonina e scardino il mio orologio biologico. Da qui, problemi di insonnia e una maggiore predisposizione all’insorgere di patologie come depressione, diabete e altre".
Cosa possiamo fare nel quotidiano?
"Non usare luci eccessive e scegliere il colore giusto. In casa, bisogna prediligere il bianco caldo. La temperatura del colore è indicata sull’etichetta delle lampadine ed è espressa in gradi Kelvin. La regola d’oro è non superare i 3000K. Meglio se 2700K circa. Le luci fredde vanno bene negli uffici, dove la gente deve essere sveglia".
Quanto impatta l’illuminazione artificiale sull’ambiente?
"È da considerarsi alla stregua di un inquinante, seppur molto diverso dai cosiddetti gas serra. La CO2, infatti, rimane nell’atmosfera per 100 anni e oltre, essendo una molecola molto robusta. Mentre i fotoni, nel momento in cui spengo la luce, non ci sono più. Quindi questa è una battaglia che possiamo vincere, informandoci e facendo attenzione. L’Italia è tra i Paesi con il più alto inquinamento luminoso".
Sono in atto strategie di sistema?
"Ci sono leggi regionali per limitarlo in quasi tutta Italia, ad eccezione della Calabria. Un caso particolarmente virtuoso è il Veneto, sensibilizzato dalla presenza dell’Osservatorio di Asiago. Si tratta, per esempio, di dirigere la luce dei lampioni stradali verso il basso; limitare l’illuminazione commerciale di notte, le insegne luminose. Manca, però, una legislazione a livello nazionale e andrebbe fatta".
Quali sono le prossime sfide nel suo campo di ricerca?
"Sto scrivendo un nuovo libro che si intitolerà Ecologia spaziale. I rischi legati al proliferare dei satelliti in orbita – da cui ormai dipende tutta la nostra economia e la nostra vita quotidiana – l’idea di sfruttare le risorse della Luna, i progetti su Marte rendono necessario estendere il concetto di tutela dell’ambiente oltre la superficie terrestre e affrontare il serio problema della sostenibilità della ricerca spaziale. Con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (di cui Caraveo è dirigente di ricerca, ndr), invece, stiamo lavorando a nuovi osservatori per studiare quei raggi gamma di altissima energia – tecnicamente radiazioni Čerenkov – che sono testimoni degli eventi più drammatici che succedono nell’Universo, come la collisione di buchi neri, l’esplosione delle stelle… L’Universo è un posto molto poco gentile".