Lunedì 4 Novembre 2024

La poetica nostalgia del commissario Bordelli

Il nuovo romanzo di Marco Vichi, sedicesimo della serie noir. La visita al cimitero sulle tombe dei genitori e il libro di poesie della madre

La poetica nostalgia del commissario Bordelli

Caspar David Friedrich, Il cimitero (1825, olio su tela)

Marco

Vichi

Il commissario accarezzò la foto di sua madre con la punta delle dita, e poi fece la stessa cosa con la foto di suo padre, che lo fissava con aria ironica. Lasciò il libro di poesie sul marmo della tomba, immaginando la pioggia che avrebbe fatto gonfiare le pagine. Ma forse prima della pioggia qualche curioso si sarebbe avvicinato e avrebbe letto qualche verso, e magari qualcuno avrebbe rubato quello strano libretto, lo avrebbe portato a casa per leggerlo con calma... Non sarebbe stato un furto, le poesie appartenevano al mondo... Non avrebbe mai arrestato un ladro di poesie, pensò sorridendo, tantomeno se erano le poesie di sua mamma. Si voltò a destra e a sinistra, e vide più in là altre due persone, due donne, una giovane e una piuttosto vecchia, ognuna davanti al proprio morto. Sembrava che anche loro stessero parlando con chi se n’era andato. Una magnifica illusione, ma con una grande forza di verità. Sì, era bello parlare con i morti. Soprattutto in una giornata come quella, con le nuvole e il vento, una giornata in cui sapere di dover morire era più doloroso...

"Ciao mamma..." Si diresse verso l’uscita camminando in mezzo alle tombe, con la sensazione di sentire i bisbigli dei morti venire da sottoterra... I cimiteri gli avevano sempre dato un senso di pace, e anche di vita.

Uscì dal cancello del camposanto di Soffiano e si ritrovò nel mondo consueto. Salì sul Maggiolino e rimase seduto, in silenzio. Le rare persone che passavano sul marciapiede erano solo ombre. Pensava ancora alla sua infanzia, a sua madre, a Marina di Massa...

Erano ricordi così vivi... non solo le immagini, perfino le sensazioni, gli odori, addirittura i pensieri, anche se certamente era un’illusione, il tempo trasformava le cose, cancellava e aggiungeva...

Ma quegli anni erano esistiti, erano stati vissuti minuto per minuto, e adesso dov’erano? Quando lui avrebbe lasciato questo mondo, sarebbero scomparsi anche loro, insieme alla sua coscienza... Nemmeno raccontandolo a qualcuno poteva salvare quel passato, almeno non così com’era veramente stato... Ci pensava spesso: se quando era bambino avesse saputo il valore che avevano quegli anni... Be’, se lo avesse saputo, non avrebbero avuto lo stesso valore, e adesso non avrebbero avuto il sapore triste che hanno le cose perdute per sempre... Era proprio l’inconsapevolezza di allora a rendere mitici quegli anni, a inondare la memoria di nostalgia... Sentì battere sul vetro e sobbalzò, si trovò davanti il viso di una donna sui cinquanta. Tirò giù il finestrino.

"Sì?"

"L’ho spaventata?"

"Ero soprappensiero."

"Mi scusi... Le è rimasta la giacca nella portiera."

"Ah, grazie." Bordelli aprì e tirò dentro il lembo della giacca.

"Arrivederci" disse la donna, sorridendo.

"Arrivederci... grazie..." disse Bordelli, e seguì con lo sguardo la donna che si allontanava sul marciapiede. Anche lui stava sorridendo. Quel piccolo gesto di gentilezza gli aveva regalato una bella sensazione... Poi si rese conto che la donna aveva un accento del Sud, e sorrise in modo diverso: una fiorentina non lo avrebbe fatto, avrebbe continuato per la propria strada lasciando che la giacca restasse chiusa nella portiera.