Domenica 9 Febbraio 2025
SIMONE ARMINIO
SIMONE ARMINIO
Libri

La nostra lingua. Un professore-mago che fa amare le parole

La scoperta come gioco nel nuovo libro di Giuseppe Antonelli

La scoperta come gioco nel nuovo libro di Giuseppe Antonelli

La scoperta come gioco nel nuovo libro di Giuseppe Antonelli

Il mago delle parole (che è anche il titolo dell’ultimo libro di Giuseppe Antonelli, edito da Einaudi) è il professore di italiano che tutti a scuola avremmo voluto avere. Un personaggio un po’ strano: la voce narrante, ovvero uno dei suoi studenti, lo chiarisce subito: "Aveva i capelli pettinati tutti precisi con la riga da una parte. Giacca nera, pantaloni neri, cravatta nera sottile sulla camicia bianca". È descritto come azzimato e sono proprio parole come questa le protagoniste del libro. Termini ricercati, antichi o anche quotidiani, ma illuminati di luce nuova. Vocaboli che lezione dopo lezione vengono accarezzati, bonariamente derisi, scandagliati fin dentro le loro radici più arcaiche, analizzati a fondo e poi fatti gemmare in una primavera di profumi e colori. Noi lettori, grazie alla voce narrante, siamo partecipi alle lezioni un po’ folli del mago delle parole. Restiamo attoniti di fronte alle sue stranezze, ridiamo ogni volta che prende di mira un termine e ci stupiamo quando, come in una reazione nucleare, spezzetta le sue sillabe e poi le lancia in corsa per farle scontrare. Giochi di parole, fantasie, affreschi storici, storia dei popoli, dei luoghi, traiettorie geografiche passate, presenti e future.

Sapevamo che gli scacchi ci prendono in giro? Lo scacco non è mica ‘matto’, mette in guardia il mago delle parole. E invita i suoi alunni a guardare più in fondo alla parola. Intanto il gioco è persiano, quindi il re non è un re, ma uno scià, e la gara è vinta perché il re è morto, mica pazzo. In arabo sah mat, ovvero: lo scià è morto. Ed eccolo qui, lo scacco matto. Senza contare l’alfiere, che nel gioco originale era un elefante, animale da sempre usato in battaglia. In persiano si dice pil, in arabo al-fil, ed è così che un pachiderma persiano in occidente si trasforma in un mite soldato porta-bandiera. Eccola, è la magia delle parole. Che con l’etimologia è parente solo fino a un certo punto. Il resto infatti ce lo mettono passione e creatività.

Il trucco è partire da un testo per scomporlo a pezzetti, quindi lavorare su ogni dettaglio. Come fanno gli aspiranti attori in accademia quando preparano a una nuova pièce teatrale. Solo che qui, ovviamente, l’accademia in questione è quella di arte grammatica. Un luogo in cui giocare con ogni parola, con la curiosità di guardare ogni termine da un lato nuovo e di viaggiare tra i significati e i significanti come fa il surfista sulle onde.

"Sbagliando s’inventa", ammonisce il mago delle parole. E non forse è inventare l’obiettivo più alto dell’imparare? Come fece il maestro della scuola per aviatori in Staccando l’ombra da terra, un bellissimo libro di Daniele Del Giudice di qualche anno fa. C’era un allievo che si esercitava da tempo e non sbagliava mai, ma il brevetto non arrivava. Lo otterrà soltanto quando avrà commesso il primo errore. Perché finché tutto fila liscio, gli chiarisce l’istruttore, mi è impossibile capire se chi ha la cloche in mano è davvero capace di riportare un aereo sano e salvo sulla terraferma. È così che in fondo succede anche con la lingua. La puoi usare per dire delle cose e, se avrai imparato bene la regola, porterai il risultato a casa senza infamia né lode. Il mago delle parole ci insegna un’altra strada. Lui spezzetta ogni frase, raggruppa ogni parola per origine, forma, colore e associazione di pensiero e poi lancia tutto in aria, pronto a restituirci ogni frammento di stupore.