Roma, 23 dicembre 2024 – "Se fossimo nel 1940, fossimo europei e decidessimo di lasciare l’Europa, almeno sapremmo dove andare. A New York. Oggi invece è molto più difficile capire dove si è al sicuro". Così scriveva David Leavitt nel suo ultimo romanzo, Il decoro, pubblicato in Italia da Sem nel 2020 (traduzione di Fabio Cremonesi e Alessandra Osti). Erano i tempi della pandemia e di Trump alla fine del suo primo mandato alla Casa Bianca. Il noto scrittore americano raccontava, con stile pungente e ironico, lo sdegno e le preoccupazioni dell’alta borghesia liberale per l’elezione del Tycoon. Da allora, l’invasione dell’Ucraina ha riacceso la minaccia nucleare alle porte d’Europa, il conflitto israelo-palestinese è deflagrato in Medio Oriente e Trump torna alla guida degli Stati Uniti.
David Leavitt, esiste, oggi, un posto dove si sentirebbe di nuovo al sicuro?
"Ironia della sorte, dopo la nuova vittoria di Trump, mi sembra più sicura l’Europa degli Stati Uniti. Se non altro il vostro sistema parlamentare consente di sostituire i leader anche prima della scadenza del mandato. Malgrado l’ascesa delle destre in molti Paesi europei, i capi possono essere cacciati dai posti di potere se gli orientamenti dovessero cambiare. Negli Stati Uniti, invece, siamo bloccati con i presidenti per quattro anni e con i governatori e i senatori per sei".
Eva, una delle protagoniste del Decoro, parla della vittoria di Trump come la peggior catastrofe ("Non c’è stato niente di peggio durante la nostra vita") e decide quindi di andarsene in Italia. Ha mai pensato di fare lo stesso?
"Sì!".
Lei ha sostenuto fortemente la candidatura di Kamala Harris durante le ultime presidenziali. Cosa è andato storto secondo lei? Perché Trump ha vinto di nuovo?
"Credo che gli Stati Uniti, sia come collettivo di cittadini che come Nazione, stiano soffrendo di ogni genere di disturbo, emotivo e mentale, che il primo mandato presidenziale di Trump aveva aggravato e, allo stesso tempo, incoraggiato. Ansia, depressione, rabbia, la sensazione di essere in gabbia e, di conseguenza, la dipendenza da farmaci (in particolare oppioidi) che peggiorano la situazione. Inoltre, c’è il problema dei social media, che creano confusione tra verità e “credenze”. Ciò che una persona “crede” — che la Terra sia piatta, che l’allunaggio sia stato una messinscena o che Trump sia un salvatore — diventa “verità”. Non è un caso che il social network di Trump si chiami “Truth Social”. Le più bizzarre teorie del complotto soppiantano le verità empiriche basate sui fatti (ad esempio, l’idea che Trump abbia davvero vinto le elezioni del 2020). Kamala Harris, secondo me, ha fatto il meglio che poteva fare date le circostanze. In un’epoca di menzogne, ha detto la verità, perché è una donna di intelletto e carattere. Ma a quanto pare molti americani sono troppo razzisti e sessisti per tollerare l’idea di una donna nera come presidente. Inoltre, credo che il Partito Democratico sia responsabile di una serie di errori di valutazione che hanno portato, ironicamente, all’alienazione di molti dei suoi stessi membri".
In tempi così difficili, qual è, secondo lei, il ruolo della letteratura e quale il compito degli scrittori?
"Rispondo citando Toni Morrison: Non c’è tempo per la disperazione, né spazio per l’autocommiserazione, né bisogno di silenzio, né posto per la paura. Parliamo, scriviamo, usiamo il linguaggio. È così che le civiltà guariscono. So che il mondo è ferito e sanguinante; e sebbene sia importante non ignorarne il dolore, è altrettanto cruciale rifiutarsi di soccombere alla sua malvagità. Come il fallimento, così il caos contiene informazioni che possono portare alla conoscenza, persino alla saggezza. Proprio come l’arte".
A cosa sta lavorando attualmente?
"Un romanzo ambientato a Milano nel 2022 (Covid) e a New York nel 1990 (Aids)".
Con l’avvicinarsi del Natale, quale libro metterebbe sotto l’albero?
"In quanto ebreo, non festeggio il Natale come ricorrenza religiosa ma amo il Natale come festa laica. Il libro che regalerei è Behind the Beautiful Forevers di Katherine Boo (in Italia Belle per sempre, Neri Pozza, ndr); parla di sofferenza e resilienza in una baraccopoli di Bombay".