Domenica 12 Gennaio 2025
MATTEO MASSI
Libri

Jacob Guanzon. America oggi: i fantasmi di Steinbeck

L’“Abbondanza“, un’epopea al confine tra la fame e la disperazione

C’è già tutto nella prima immagine. Henry porta il figlio Junior a ingozzarsi in un McDonald’s e gli dice di non risparmiarsi. Lo dice con l’affetto di un padre che, cresciuto nell’età dell’abbondanza, ora fa fatica a mettere assieme qualche dollaro per fare il pieno al proprio pick up: la casa mobile di lui e di suo figlio. Quando si pensa che sia stato raccontato tutto del sogno americano sempre più a pezzi, in mille pezzi, magari rivolgendo lo sguardo e la memoria a Nomadland o a Una paga da fame, senza scomodare chi per primo (e meglio di altri) tracciò il confine tra fame e rabbia (John Steinbeck in Furore), ci si rende conto invece che c’è un nuovo e ulteriore capitolo nell’America che da tempo non è più un sogno. Nemmeno da vagheggiare. L’Abbondanza, appunto. Nella versione italiana del libro di debutto di Jakob Guanzon (edito da Marsilio) si sceglie questo titolo. Che è un’ottima cartina tornasole.

Henry è un americano di seconda generazione, i suoi genitori erano arrivati negli Stati Uniti per studiare e affermarsi. C’erano riusciti solo in parte. Il papà non aveva tenuto a freno, nonostante la laurea e la cattedra, l’irrefrenabile voglia di reagire a un insulto razzista ed era stato escluso dalle scuole americane. Non poteva più insegnare. La mamma invece, insegnante di Economia, si era fermata non molto dopo perché una malattia l’aveva costretta a fare i conti con i pochi anni che le restavano da vivere. Così di quella libreria ricca di volumi pieni di appunti e annotazioni che cosa poteva farne Henry? Quei libri, quel sapere dei genitori e la sete di sapere che non erano riusciti a trasmettere al figlio anche per un diaframma generazionale, non valevano più nulla.

Che confine c’è, dunque, tra fame e disperazione? Secondo Steinbeck appunto, è molto sottile. Anzi, labile. Henry non aveva nessuna intenzione di fare la fine del padre e vedersi costretto a racimolare lavori per tirare a campare. Farà una fine forse peggiore, scontando i suoi sbagli in carcere. E così alla fame, alla disperazione, si aggiunge l’esclusione. Non c’è una seconda chance per chi è costretto a barrare la casella “precedenti giudiziari“ nelle richieste di nuovo lavoro. La frustrazione prende il sopravvento. Un’altra occasione non ci sarà mai, anche se uno va a cercarla. Fa di tutto per averla. Henry si prepara al colloquio di lavoro che pensa possa farlo svoltare, provando un abito sfatto, sperando che suo figlio non si ammali perché l’assicurazione sanitaria è scaduta e perché se si ammalasse non avrebbe un letto in cui farlo riposare, se non il sedile del pick up. Avvolto dallo scialle della madre di Henry, l’unica cosa che gli è rimasta di lei.

Stringe il cuore leggere questo libro, concentrandosi sul rapporto tra padre e figlio che attraversano il paesaggio americano. Grazie anche all’empatia che Guanzon ha con il personaggio e che riesce a trasmettere (anche per la traduzione di Gaja Cenciarelli). Ma finito l’effetto commozione, si ritorna al confine tracciato da Steinbeck. Il fantasma di Tom Joad aleggia ancora. Oggi forse più di prima.