Venerdì 22 Novembre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

L’ottimismo di Carlo Rovelli: "La scienza è ragionevolezza. Per questo non mi fa paura l’intelligenza artificiale"

Il fisico che indaga sui misteri dell’universo guarda con fiducia alle sfide che ci attendono. E invita la politica a rimettere al centro il bene dell’umanità: "Poi la tecnologia troverà le soluzioni"

Carlo Rovelli

Carlo Rovelli

Inserito nel 2019 nella lista dei cento migliori pensatori del mondo dalla rivista Foreign Policy, il professor Carlo Rovelli è considerato uno dei più brillanti divulgatori scientifici.

Il suo saggio più conosciuto, “Sette brevi lezioni di fisica“, è stato tradotto in 41 lingue e ha venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo. Teorico della gravità quantistica Carlo Rovelli insegna in Francia all’Università di Aix-Marseille.

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Roma, 2 gennaio 2024 – Il collasso climatico, la ferocia delle guerre, la crisi dei diritti umani, nuove tecnologie che spaventano: è un mondo in bilico.

Professore, ci salverà la scienza?

"No, io direi che la scienza non ci salva. Ci salva il nostro essere umani, la nostra ragionevolezza. A salvarci, se ci si salva, sono le cose che riteniamo giuste e che riusciamo a fare insieme".

Carlo Rovelli è lo studioso dei buchi neri, il fisico teorico che, scrivendo libri di grande successo, ha reso comprensibili concetti astratti e difficilissimi; è l’intellettuale pubblico che riflette sul mondo trovandosi spesso “dalla parte del torto” rispetto al discorso prevalente. Il suo libro più recente, “Lo sapevo qui, sopra il fiume Hao” (Solferino), è una raccolta di interventi d’occasione, scritti nella prospettiva dello scienziato che scende dalla cattedra e si getta nella mischia.

Carlo Rovelli
Carlo Rovelli

Qual è il compito della scienza in tempi così tempestosi?

"La scienza si è rivelata uno strumento formidabile, andando anche oltre le aspettative dei suoi cantori più sfegatati, dal Rinascimento in poi. Ci ha dato il mondo moderno, un’umanità che nel complesso vive meglio e più a lungo che in passato. Ci darà anche strumenti straordinari per aiutarci a superare tutte le difficoltà, sempre che riusciremo a difenderci dagli effetti del cambiamento climatico".

Appunto, se sapremo difenderci. Parlando di Galileo, lei dice che la scienza è al suo massimo fulgore quando ci offre occhi nuovi con cui guardare il mondo. È di questo che abbiamo bisogno oggi?

"Forse sì. Probabilmente stiamo attraversando un momento importante per la storia dell’umanità. È la prima volta che l’umanità intera, nella sua conversazione quotidiana, si trova ad affrontare problemi realmente globali: tutto è connesso, dalle guerre al clima, all’instabilità generale. Penso che dovremmo quindi cambiare prospettiva e imparare a vedere l’umanità intera come un unico soggetto. Come Pisa e Firenze si sono fatti la guerra e massacrati l’un l’altro per molto tempo e adesso non lo fanno più, così l’umanità dovrebbe superare le sue faziosità, altrimenti finiremo nei guai. Perché c’è la bomba atomica, c’è il riscaldamento climatico, c’è la terza guerra mondiale che si sta profilando passo dopo passo: o impariamo insieme a evitarla, o ci cadiamo dentro".

Pensa all’utopia di un governo mondiale?

"No, non penso a questo, piuttosto a un concetto antico, ’Tianxia’, ri-proposto dal filosofo cinese Zhao Tingyang, traducibile grosso modo come ’sotto lo stesso cielo’. L’idea è che la struttura politica dev’essere aperta verso l’esterno e non verso l’interno, cioè il potere non deve occuparsi di combattere i nemici, ma di trovare un accordo con loro, in modo da trasformarli in amici, per cui la sovranità non dev’essere locale, ma diffusa. Questo non implica un governo mondiale che comandi tutti, ma riconoscere che il soggetto politico più importante è l’umanità intera. Ciò cui dobbiamo mirare non è il vantaggio della propria nazione rispetto alle altre, ma il vantaggio comune del pianeta, perché così poi si vivrà meglio anche a casa propria. Se continuiamo a pensare che l’obiettivo sia quello di essere più forti degli altri, alla fine siamo più deboli tutti".

Il regista Christopher Nolan ha detto che nella ricerca sull’intelligenza artificiale stiamo vivendo un “momento Oppenheimer”, cioè gli stessi dilemmi etici – il pericolo della distruzione di tutto – affrontati dal capo del progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica. Che ne dice?

"Non credo che sia così. Ci sono diversità cruciali fra i due casi. All’epoca del progetto Manhattan gli scienziati avevano già costruito le bombe atomiche e la questione era se e come utilizzarle; molti scienziati dissero ai politici, rimanendo inascoltati: usate questo strumento in modo che l’umanità sia spinta a collaborare, non aprite una strada verso l’autodistruzione. Non c’è niente di simile nell’intelligenza artificiale. Per ora non esiste quell’intelligenza artificiale incontrollabile e malefica che spaventa la gente".

C’è il timore che sviluppandosi in modi imprevedibili possa sfuggire al controllo.

"A me sembra francamente fantascienza. Se qualcosa di nuovo avverrà, ce ne occuperemo. Quando ero ragazzo ci si immaginava che i computer in futuro, cioè oggi, sarebbero stati molto più avanzati di come sono oggi. Il grande sviluppo delle tecnologie digitali è anche una storia di promesse mancate. Tutto questo non significa che non servano regole e leggi sull’uso dell’intelligenza artificiale. Servono. Come sono servite per tutto il resto: automobili, aeroplani, telefoni, lavatrici...".

Lei fa continuo riferimento all’urgenza di trovare forme di collaborazione, cooperazione, solidarietà a tutti i livelli, superando la logica della competizione. Ma questa sua visione ha un fondamento scientifico?

"Sì, completamente. L’idea che la vita sia solo competizione è una lettura sbagliata di Darwin e della teoria dell’evoluzione. La biosfera, l’insieme delle cose viventi sulla terra, è un sistema collaborativo. Certo, i lupi mangiano gli agnelli e il lupo che mangia di più è più forte e prevale, ma se mangia tutti gli agnelli poi muore di fame. Ciascuna specie vivente esiste grazie alle altre. L’intera biosfera è un sistema che funziona perché ciascuno contribuisce al funzionamento globale e questo è nella teoria dell’evoluzione fin dall’inizio. Spesso si sottolineano alcuni aspetti della teoria ignorandone altri, ma più per ragioni ideologiche che scientifiche. La scienza si occupa di capire come le cose funzionino insieme, cioè di collaborazioni. Anche un atomo è una collaborazione di elettroni, protoni, neutroni…. Tutte le strutture esistenti, compresi noi, sono forme di collaborazione".