Creatività e stravaganza sono i presupposti degli artisti e dei geni. E così, Rosa Montero, giornalista e scrittrice - intervistata per il vodcast di QN “Il Piacere della Lettura” – attraverso lo studio di numerosi scritti di psicologi, psichiatri e attingendo alla letteratura, ci offre il saggio: “Il pericolo di essere sana di mente” (Ponte alle Grazie).
Rosa, perché essere sana di mente è un pericolo?
Questo titolo viene da un verso della grande poetessa Emily Dickinson, che è stata violentata da suo padre, forse anche da suo fratello. Scrive che l'ha salvata la stregoneria della poesia. Per lei la sanità mentale era l’inferno che ha dovuto vivere, la follia era l’arte. La poesia, l’arte e la bellezza vengono dagli inferni della vita.
Esiste la normalità?
La normalità è la media statistica delle posizioni che le persone hanno su un concetto. Siccome non esiste una persona che è statisticamente media in tutto quello che fa, la normalità non esiste. La normalità è essere strani.
Gli scrittori sono gli artisti più folli?
Secondo alcuni studi, gli scrittori sono gli artisti che stanno peggio. Hanno più probabilità di disturbi bipolari, depressione, suicidio, ma ci sono anche altre professioni che hanno un’altissima media di suicidi: tipo i dentisti, ma nessuno dice che questa categoria di persone è tormentata. Degli scrittori lo dicono, dei dentisti no. Quindi, sì, gli scrittori sono gli artisti più folli, ma senza esagerare.
Che differenza c’è tra creatività e stravaganza?
È una differenza sociale. La stravaganza riflette lo sguardo della società che ti circonda. Ci sono persone considerate diverse, ma che vivono una vita normale. Questa differenza, però, non deve prendere il controllo della tua vita. Se non ti permette di vivere una vita indipendente allora è una patologia.
Le infanzie sventurate hanno rilevanza nell’atto creativo?
Serve quella che io chiamo “una tempesta perfetta” per essere creativi. Devono entrare in gioco tante circostanze tra cui il trauma infantile. Non dobbiamo pensare, però, a grandi traumi. Basta che i tuoi genitori si trasferiscano e che nella nuova scuola tu non ti senta amato. Già così potresti scrivere una biblioteca intera. Quando il bambino subisce un trauma si sdoppia: da una parte il bambino traumatizzato e dall’altra un altro io che sa tutto, ma che non sente niente, e che si prende cura del primo. Io adoro la figura del bambino che sa tutto e che non sente niente, perché sono stata quella bambina. Ed è lui che scrive e che compone, perché ha una visione più distante delle cose, più olimpica.
Quali sono le caratteristiche delle persone creative?
Una grande energia fisica, un diverso cablaggio cerebrale, una mancanza di maturità neurologica, il trauma infantile.
Perché scrivi?
Ho iniziato da piccola, da quando ho memoria di me. Non ho mai scelto la scrittura. Lei era lì, è sempre stata lì. È un esoscheletro che mi tiene in piedi, che mi permette di vivere. Senza la scrittura io mi disfarei, non esisterei.
Alda Merini, Cesare Pavese, Emilio Salgari… Che rapporto hai con la poesia e la letteratura italiana?
È stato uno dei grandi nutrimenti della mia anima. Come diceva Isaac Newton: “Noi avanziamo sulle spalle dei giganti”, sulle culture precedenti. Per cui la letteratura italiana fa parte delle fondamenta della mia vita.
Hai citato molti libri, anche classici, sulla follia e di folli: se dovessi sceglierne uno, quale consiglieresti?
Uno molto bello si chiama “Il genio e la follia” di Philippe Brenot. È rivelatore. L'ho letto trenta – quarant’anni fa circa. È uno dei saggi più ambiziosi mai scritti per come cerca di costruire il funzionamento della mente creativa.