Venerdì 2 Agosto 2024
COSTANZA CHIRDO
Libri

Il paradosso della controcultura. Intervista a Vanni Santoni

“Dilaga ovunque”, candidato al Campiello, parla di street art, spazio pubblico e la falsa dicotomia tra decoro e degrado

Cover di "Dilaga ovunque", di Vanni Santoni (Laterza, 2023)

Cover di "Dilaga ovunque", di Vanni Santoni (Laterza, 2023)

Roma, 2 agosto 2024 – “In fondo si potrebbe dire che il sistema odia, mistifica, combatte e infine cerca sempre di cooptare qualunque cultura giovanile spontanea e sorta dal basso, ma il caso dei graffiti presenta una specificità che lo rende unico: accade nello spazio urbano visibile”. Così scrive Vanni Santoni, 45 anni, in “Dilaga ovunque” (Laterza, 2023), il suo ultimo “romanzo ibrido” – a metà tra fiction e saggio – candidato al Premio Campiello 2024. Ricostruendo la storia della street art nel mondo attraverso il personaggio di Cristiana Michelangelo, Santoni fa riflettere sui più ampi concetti di arte, spazio pubblico e controcultura.

Come mai ha deciso di scrivere un libro sulla street art e i graffiti? 

“‘Dilaga ovunque’ nasce in realtà sulla scia di altri due libri, ‘Muro di casse’ (2015) e ‘La stanza profonda’ (2017), usciti sempre per Laterza. ‘Muro di casse’ parlava di un'altra sottocultura, quella dei free party. Il libro andò molto bene, quindi la casa editrice me ne chiese un altro e scrissi ‘La stanza profonda’, sui giochi di ruolo. In entrambi i casi si trattava di sottoculture giovanili partite dal basso, inventate dalle stesse persone che volevano fruirne. I graffiti hanno una storia simile da questo punto di vista, così ho iniziato a coltivare l'idea di scriverne. A differenza dei free party e dei giochi di ruolo però, che non hanno tanti anni di storia, i graffiti apparentemente nascono a New York e Philadephia nella seconda metà degli anni '60, ma hanno accompagnato tutta la storia dell'umanità, c'erano anche nelle caverne preistoriche. Inoltre si sono diffusi in tutto il mondo in modo estremamente capillare, quindi si trattava di un tema molto vasto. Ci ho messo quasi sette anni per scrivere il libro.” 

Quanto della storia è fiction e quanto è tratto dalla realtà, o anche dalla sua esperienza personale?

“Di solito i miei romanzi impuri partono da dei nuclei, che sono esperienze personali o esperienze di persone che conosco. In questo caso però io, pur conoscendo bene il mondo della street art, non ero un writer che andava a fare i treni con lo zaino pieno di bombole. Così sono partito soprattutto da storie di persone che conosco e che ho conosciuto, oltre al grosso lavoro di documentazione bibliografica. L'unica cosa inventata nel libro è la protagonista: lei non è mai esistita, ma tutte le persone che incontra nel libro sono personaggi veri.”

A proposito di graffiti sui treni. Le scritte sui treni sono sempre state cancellate, mentre al loro posto vengono affisse le pubblicità. Cosa ne pensa?

“La dicotomia tra graffiti e pubblicità è la più estrema di tutte, perché le pubblicità non sono neanche opere d'arte. Dopo decenni in cui si è cercato in ogni modo di togliere i graffiti dai treni, ci sono apparse delle orribili pubblicità e nessuno ha detto niente: mi pare emblematico del fatto che, alla fine, dietro alle logiche del decoro si nascondono sempre logiche di profitto.”

L'autore Vanni Santoni
L'autore Vanni Santoni

Mentre per quanto riguarda i graffiti commissionati? 

“È più complesso il rapporto tra muro legale e muro illegale. Può darsi che in una città ci siano dei graffiti fatti illegalmente, e poco più in la ci siano dei muri in cui farli è autorizzato, così come possono esserci addirittura dei muri fatti su commissione. Negli anni è cambiato molto l'atteggiamento delle amministrazioni – fino a qualche decennio fa, il graffito veniva combattuto ad ogni costo perché si riteneva che portasse degrado, che facesse percepire i quartieri come più pericolosi, e di conseguenza abbassasse il valore degli immobili. Ora gli stessi sindaci che avevano speso denaro pubblico per cancellare i graffiti, pagano i graffitari per fare dei murales nei quartieri esteticamente meno belli, per alzare il valore degli immobili – come nel 13esimo arrondissement di Parigi. Lo stesso esatto segno, a seconda delle epoche e dei punti di vista, può addirittura avere effetti opposti. È un paradosso.”

E quelli nelle gallerie d’arte?

“Oggi nelle tante gallerie d'arte che presentano opere fatte dai graffitari, si nota subito che un pezzo realizzato in condizioni di illegalità ha molto più valore rispetto allo stesso pezzo fatto dallo stesso artista ma su una tela. Nel primo caso c'è un valore di documentazione storica, ma anche un valore tecnico, perché per fare un graffito in certe condizioni di tensioni, il tasso di difficoltà è sicuramente superiore. Il graffito e la street art è arte site specific – è inscindibile, anche nel suo valore, dal luogo in cui è stata fatta e dalle modalità dell'incursione.”

Qual è secondo lei il collegamento tra street art (o la sua rimozione, in nome del decoro) e la gentrificazione?

“La dicotomia fra decoro e degrado è falsa. Dietro c'è una questione prettamente economica: l'ideologia del decoro è un sistema di governance volto a massimizzare i profitti immobiliari, quindi è inevitabile che vada a braccetto con la gentrificazione. Il fatto curioso però, che dimostra che la realtà è storicamente fluida, è che questi famosi graffiti che prima portavano degrado e quindi abbassavano la possibilità di monetizzare, ora in alcuni luoghi hanno un effetto inverso.”

Cos’è che la affascina delle controculture?

“Il mio fascino per le controculture è dovuto non solo alla mia partecipazione diretta, ma anche al fatto che veicolano temi più grandi, sono interessanti come punti di osservazione diagonale della realtà. Un fenomeno nasce controculturale quando dà noia al sistema, quando provoca una reazione di rifiuto, leggi speciali, repressione. Quando poi esaurisce la sua carica sovversiva e diventa autoreferenziale, quando da parte del mainstream c'è una cooptazione, allora diventa una sottocultura. L'esempio dei graffiti è lampante: oggi li trovi esposti nelle gallerie, nelle fiere d'arte, nei musei. Ovviamente continuano ad esistere anche i graffiti in strada, ma c'è stato un processo di sussunzione. ‘Dilaga ovunque’ è un libro sui graffiti, ma anche sullo spazio pubblico e sulla sua progressiva riduzione.”

Il suo libro è candidato al Premio Campiello, come si sente al riguardo?

“Sono molto contento perché ho appena finito il tour del premio e queste 16 date sono state molto incoraggianti, c'erano moltissime persone. Una piazza piena per sentir parlare di libri è qualcosa di molto positivo.”