Domenica 6 Ottobre 2024
GIUSEPPE DI MATTEO
Libri

Il mito senza storia dei Borbone. E il Risorgimento da riscoprire

Il saggio di Andrea Mammone smonta il mito neoborbonico del Sud depredato, evidenziando le omissioni storiche e proponendo una riscoperta del Risorgimento "dal basso".

Il mito senza storia dei Borbone. E il Risorgimento da riscoprire

Remigio Legat, La battaglia di Calatafimi. , 1860

Bologna, 1 settembre 2024 – In principio era poco più di un ritornello: al tempo dei Borbone il Sud stava molto meglio. Negli anni però l’inno al Regno delle Due Sicilie e ai suoi (presunti) primati è diventato un filone storiografico vero e proprio, esploso soprattutto a seguito del grande successo del saggio “Terroni” di Pino Aprile (Piemme). In sostanza, sostengono gli studiosi di matrice neoborbonica, il meridione sarebbe stato depredato dai Piemontesi e trasformato in una colonia. Una visione secondo la quale gli attuali mali del Sud avrebbero una radice profonda: il 1861 e l’unificazione. Contro questo tipo di narrazione, minoritaria ma piuttosto “rumorosa”, si sono schierati in verità diversi storici.

Lo ha fatto recentemente anche Andrea Mammone con “Il mito dei Borbone. Il Regno delle Due Sicilie tra realtà e invenzione” (Mondadori), che si propone di entrare nel ventre più profondo delle narrazioni antirisorgimentali che hanno contribuito a costruire la leggenda dei Borbone – per Mammone tutto inizia nel 1942, con il romanzo “L’alfiere” di Carlo Alianello, "il padre nobile degli storici neoborbonici" – per poi smontarle mettendo in risalto l’ampia serie di omissioni funzionale ad alimentare il mito della Borbonia Felix. Una su tutte: "Tra la fine del Settecento e l’unificazione nazionale – scrive – la storia, dimenticata dai neoborbonici, di quel regno che, come affermano, era stato grande e sfarzoso, è stata attraversata da moti e rivoluzioni".

Mammone cerca di rispondere anche a un’altra domanda: quando nasce il grande divario tra Nord e Sud? E non ha dubbi: colpa del primo conflitto mondiale e del fascismo, ma anche di una classe dirigente che, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, ha sperperato innumerevoli risorse e non è riuscita ad offrire una visione chiara del Paese.

Ma il bello del saggio sta soprattutto nella via d’uscita che sembra offrire: il Risorgimento non va mitizzato ma "riscoperto dal basso", ricostruendo una memoria collettiva che parta dagli eroi minori e meno conosciuti del periodo unitario e liberale. Molti dei quali furono meridionali. Ed è forse questa l’omissione più grande della storiografia di fede neoborbonica, che per Mammone ha dimostrato i suoi limiti perché sostanzialmente "incapace di offrire un argine a fattori quali globalizzazione, delocalizzazione, emigrazione, migrazioni, crisi economica, instabilità della classe politica e riduzione della spesa pubblica".