Con eleganza, Manuelita, la dolce e fragile Manuelita, si libra in volo con l’aiuto del suo compagno Alberto. Raggiunge vette che paiono infinite e ritorna giù come fosse la cosa più naturale del mondo. Sembra leggera come una piuma, Manuelita, sembra felice. Sembra. Perché, in realtà, chi l’ha guardata bene prima dell’esercizio che mille e mille volte ha provato per regalare un brivido al pubblico, ha il viso attraversato da lacrime fragili e minute come lei. È turbata, ma lo nasconde. Chissà se Alberto sa. Chissà se Alberto è la causa di quelle lacrime o, magari, c’è qualche tremendo segreto che attanaglia Manuelita, acrobata del circo che ha piantato le tende nella Roma di Villa Borghese dove il commissario Buonvino, insieme alla sua squadra, lavora.
Il circo, già. Istituzione del divertimento in crisi, forse fuori tempo, forse foriera di tristezza più che di allegria. E infatti, Manuelita non afferra la presa del suo Alberto e cade. Ma tanto c’è la rete, direte voi. Giusto. Ma lei cade nell’unico punto dove non deve cadere. E muore tra la disperazione dei suoi compagni del circo e il terrore degli spettatori. Una tragica fatalità. Tanta, tantissima sfortuna. E, invece, no. Pare strano come incidente a uno del pubblico che non ama il circo. Sì, è proprio lui, il commissario Buonvino, poliziotto che fa del dubbio la sua cifra stilistica. Indaga, entra nei meandri della vita circense, sfata, con la sua abilità, i tanti luoghi comuni sulla vita del circo. Che è cultura, certo, ma non necessariamente cultura del volersi bene. Non siamo in presenza di una famiglia felice, insomma.
Macché. Rancori serpeggiano. I clown, ad esempio, di cui Buonvino ha paura come dei rettili, sono tutto fuorché esempi di allegria. Rancori, odi, pettegolezzi, c’è di tutto. Il fiuto del nostro Buonvino, ancora una volta, ha funzionato bene. Non è un incidente, così come altre due morti, una avvenuta prima del dramma di Manuelita, l’altra dopo non sono morti “normali“. Il commissario scava e percorrerà un tunnel che lo porterà a un punto finale sconvolgente e imprevedibile. Eppure, non paia un paradosso, non è la trama del giallo veltroniano quella che più conta nelle pagine di Buonvino e il circo insanguinato (Marsilio), in uscita martedì 8 ottobre.
Alcune brevi riflessioni. Intanto non si tratta di un giallo deduttivo classico. Veltroni compie una svolta stilistico-contenutistica che lo porta sui sentieri (impervi e difficili) del romanzo psicologico. Contano i sentimenti, le anime, le paure e le speranze dei protagonisti. Non vi aspettate atmosfere “normali“, l’ansia e l’angoscia esistenziale la fanno da padrone. E poi il contesto. Non c’è tanto sole in queste pagine, ma nubi scure e ombre, paesaggi frastagliati e dai contorni non ben definiti. Tutto sfugge alle certezze di noi lettori, se non fossimo guidati, con mano ferma, dalle intuizioni del commissario Buonvino. Il quale, oltre che sbirro, è profondo indagatore dell’animo umano. Buonvino è la guida tra le ragnatele dell’esistenza di ognuno di noi.
Sì, di noi, perché Veltroni sfronda le istanze retoriche della vita – attraverso la metafora del circo – che non è né bella né brutta, ma originale. Tante speranze si infrangono come nel precipitare di Manuelita, tanti sogni si spengono all’alba per adoperare una citazione illustre. A proposito di citazioni, da rilevare come, con destrezza, Veltroni peschi a piene mani nei cataloghi infiniti della letteratura e del cinema, sue formidabili passioni, forse anche più della politica di cui è stato protagonista.
La nuova avventura di Buonvino, insomma, non serve solo a divertirsi e a “ingannare il tempo“ come spesso accade leggendo i “gialli“. E poi diciamola tutta: si può appiccicare un’etichetta a una narrazione come questa? Abbiamo i nostri dubbi. Il romanzo o è bello o non lo è, al di là dei generi letterari. Infine, e questa è una costante, emerge l’amore per Roma. Amata come poche altre cose, ma stavolta meno solare. Anche se riconoscere e ricordarne i luoghi, per chi la conosce, dà un senso di nostalgia che ti avviluppa e ti fa sentire al sicuro. Quanto sei bella Roma. Non solo quando è sera...