"L’Italia del ventennio era mussoliniana e non fascista, forse neppure il Duce lo era". Su Mussolini è appena uscito Benito. Storia di un italiano (Rizzoli), un "saggio scritto in modo semplice che lo possano capire anche gli studenti medi" a opera di uno storico che su quel periodo è molto autorevole, Giordano Bruno Guerri.
Come possiamo dire che gli italiani non erano fascisti?
"Diceva Gentile: essere fascisti significa avere il culto dello Stato e non mi pare ci fosse; implica essere un popolo guerriero e non lo siamo mai stati; e l’orgoglio di un impero tipo quello romano ci piace anche meno".
Però Mussolini ha fatto il bello e cattivo tempo per molti anni. Come mai?
"Gli italiani erano decisamente mussoliniani perché adoravano il capo, l’uomo al quale accolli i tuoi problemi e lui si arrangia a risolverli. Anche dopo abbiamo avuto il culto dell’uomo forte: Craxi, Berlusconi, perfino Draghi lo abbiamo visto così".
Ma ora c’è la Meloni…
"Appunto: una donna forte, molto brava ma circondata da persone non all’altezza del compito. Non si sa se ce la farà perché non è una gara da fare in solitudine".
Torniamo a Benito: che cosa ha incrinato il suo potere?
"Non è stata sbagliata solo l’entrata nel conflitto mondiale, ma prima l’alleanza con Hitler, le leggi razziali e la lotta alla borghesia furono devastanti: ad essa viene dichiarata guerra nel 1938 e da lì sono cominciati gli anni che hanno portato alla caduta del regime".
Eppure era molto amato…
"Sul consenso ‘amoroso’ siamo tutti d’accordo. L’anima di Mussolini è sempre stata socialista. Sarebbe grossolano definirlo un socialista di destra, ma certo la sua era la visione di un’Italia sociale che ha realizzato in quel modo assurdo con le masse militarizzate. A parte il fatto economico la storia non è molto diversa da quello che accadeva nello stesso tempo in Urss: imporre alle masse un pensiero e un comportamento unico".
Chi ha letto la saga di Scurati, che deve fare con Benito?
"Leggerlo. Quella di Scurati non è storiografia ma una lunga opera di narrativa della quale dopo duecento pagine non se ne può più. La mia è la biografia di un uomo che per un lungo periodo ha risolto i bisogni della maggioranza degli italiani e dunque è anche un ritratto dell’Italia dell’epoca che porta il discorso a oggi".
Ieri alla ventesima edizione di Lucca Beni Culturali ha discusso con Paolo Nori sulle culture che guidano sovranisti ed europeisti: sono inconciliabili per la gestione dell’Unione?
"Ci vorrebbero delle menti superiori per conciliarle e quindi è un’operazione molto difficile perché il sovranismo può sfociare nel nazionalismo, l’europeismo in una Unione velleitaria basata sul volemose bene e non su dati concreti".
C’è un errore secondo lei alla base del tentennamento del sogno europeo?
"Averlo pensato dal punto di vista economico e non culturale: per unire bisogna andare alla ricerca di radici comuni e discuterne. La cosa migliore fatta dall’Europa è stato il progetto Erasmus che ha spostato i ragazzi, li ha fatti studiare e fidanzare con compagni di altre nazionalità. E infatti i giovani sono più europeisti".
Che cosa deve fare l’Europa di davvero urgente?
"Sostenere fino in fondo l’Ucraina: se Putin vincerà non si fermerà a quella conquista".
Parlando di Erasmus viene naturale chiedere: come sta la scuola in Italia?
"Male, è informativa e non formativa, insegna cosa pensare e non come pensare".
Ci si forma anche leggendo il suo libro?
"Penso che Benito sia necessario per chiarire che cosa sia stato il fascismo; dopo quarant’anni di studi ho ritenuto che questo sia il momento giusto per entrare nel dibattito, al quale ho comunque partecipato con altri volumi tipo quello su Bottai, e fare un punto fermo su quel periodo della nostra storia che ci rincorre anche ai giorni nostri".