Firenze, 6 ottobre 2024 – C’era una volta (e c’è ancora, per quanto sepolto) in un posto “vero“ che è la Val di Cornia un tesoro che dorme sottoterra, testimonianza di una civiltà – quella etrusca – che da queste parti, nel triangolo di terra tra Lazio, Umbria e Toscana ha creato ricchezza e prosperità. Fatto di vasi, bronzetti, buccheri, monili e chissà che altro. Alcuni finiti laddove dovrebbero stare a crear memoria, nei musei, altri avvolti in carta di giornale a svelarsi in polverosi scantinati, contesi tra bande di tombaroli. A gonfiar portafogli, a ingrassare patrimoni. Dall’Italia all’America. Torna a casa lo scrittore Sacha Naspini, nella sua Maremma, a raccontare qual è il vero curriculum di alcuni dei pezzi più rappresentativi di quel mondo, oggi diventati oggetti da museo. In Bocca di strega (Edizioni E/O) a tirar le fila di tutto negli anni Settanta dalla “Conchiglia“, il quartier generale dei tombaroli della Val di Cornia travestito da ristorante, c’è Guido Sacchetti, per tutti Bardo. Intorno a lui la banda e un carnevale di presenze disperate e sognanti – Leagro, uno spaventapasseri nel corpo di un dio greco; Biondo, un figlio ritardato, "a far le tombe per tirarsi via dalle giornate in famiglia", Silvana, a sognar Parigi tra una prestazione e l’altra asserragliata in un caravan sulla via della Principessa. E poi la famiglia, con la moglie Elisa e il figlio Giovanni, ben presto per tutti Veleno.
Nonostante i (tanti) soldi facili – o proprio per quello – qualcosa nell’equilibrio familiare s’incrina, gli eventi prendono una piega inaspettata e Bardo, costretto a fare i conti con l’assenza della moglie, si sente perso. Sparisce, i suoi mocassini abbandonati sulla battigia. Inghiottito dal mare, il corpo più riemerso. Il regista di tutto diventa Veleno. Ma la banda mostra i primi cedimenti. E nascono sospetti, tradimenti, doppi giochi. È qui che s’incista la “bocca di strega“, quel tranello escogitato per smascherare chi ha cercato di fare il furbo. Che da queste parti si chiama così per via di una leggenda che ha a che fare col ritrovamento di uno scheletro sul golfo di Baratti e con la superstizione popolare. In Bocca di strega si trattiene il fiato, si rincorrono le pagine, e s’incontra tanta umanità verso la quale è quasi naturale provare empatia e, talvolta, pure compassione.