Sabato 17 Agosto 2024
GIUSEPPE DI MATTEO
Libri

Giuliano Giubilei: "Quei soldati traditi due volte"

In “Giovinezza“, un’“altra“ Seconda guerra mondiale: i 650mila prigionieri italiani degli Alleati dimenticati.

Giuliano Giubilei: "Quei soldati traditi due volte"

In “Giovinezza“, un’“altra“ Seconda guerra mondiale: i 650mila prigionieri italiani degli Alleati dimenticati.

Sono tanti, tantissimi. Oltre 600 mila, ma potrebbero essere anche di più. Stiamo parlando dei soldati italiani che, dopo l’Armistizio, videro il proprio destino tingersi di nero perché in breve tempo diventarono di fatto prigionieri di guerra. Gli Alleati li catturarono e deportarono un po’ ovunque: Gran Bretagna, India, Stati Uniti, Kenya, Sudafrica, Australia. E assai spesso i campi di prigionia erano durissimi, benché vigesse la Convezione di Ginevra. Molti di quei soldati, già provati dal conflitto, rimasero in quell’inferno per anni, dimenticati da tutti. E in tanti tornarono a casa quando la pace era già arrivata da tempo. "Per molti di loro si parla addirittura del ‘47. La verità – spiega Giuliano Giubilei in Giovinezza. La guerra e la prigionia di una generazione e tradita (Solferino, 429 pp.; 19.50 euro) raccontando sotto la patina della finzione romanzesca la storia di alcuni membri della sua famiglia che combatterono la folle guerra di Mussolini in Europa e in Africa e vennero catturati dagli Alleati – è che di loro non importava nulla a nessuno".

Giubilei, si può dire che quella dei soldati italiani di inizio anni ‘40 è una generazione tradita due volte?

"Direi di sì. Tradita soprattutto da Mussolini ma in parte anche dai governi successivi, diventati democratici. Sembrava a molti, in particolare alle famiglie dei prigionieri, che nemmeno loro avessero fretta di riportarli a casa. Tra l’altro, questa vicenda presenta non pochi paradossi. Quando viene firmato l’Armistizio, gli Alleati considerano i loro prigionieri di guerra in mano italiana una priorità. Di quelli italiani catturati dagli Alleati invece nemmeno si parla".

Perché secondo lei?

"Difficile dirlo con certezza. Ma così andarono le cose. Forse perché l’Armistizio fu per noi una resa senza condizioni. E il paradosso resta: l’Italia era cobelligerante, ma aveva prigionieri di guerra nelle mani degli Alleati...".

Nel suo romanzo lei parla dei fratelli Monteschi, che in realtà, come lei stesso scrive, sono i Giubilei, vale a dire suo padre e i suoi zii. Quando ha sentito il bisogno di raccontare la loro storia?

"Una decina di anni fa, quando l’ultimo dei fratelli Giubilei è morto. Della loro storia avevo sentito parlare da bambino, anche se con una certa ritrosia. Nel tempo ho deciso di approfondire per conto mio, e quel funerale è stato una specie di chiamata".

Quali fonti ha consultato?

"Soprattutto i diari dei combattenti. Uno lo scrisse anche mio zio Eldo (Ettore nel romanzo, ndr)".

Il romanzo propone anche una geografia dei campi di prigionia degli Alleati...

"Sì. E i più duri erano quelli che si trovavano in Algeria. Ma gli altri non è che fossero dei resort di lusso. Pensi che uno dei miei zii riuscì a scappare da un campo di prigionia algerino e, una volta ripreso, preferì consegnarsi agli americani pur di non tornare lì. Mio padre fu invece deportato in India. Morì quando ero molto piccolo, ma ho trovato alcune sue foto su un sito che racconta la storia del campo di prigionia indiano dove rimase per anni. Il che mi ha permesso di ricostruire la sua vita di soldato".

Il suo romanzo smentisce un luogo comune duro a morire: il fascismo non ha ucciso nessuno...

"Una sciocchezza. A parte che i fascisti hanno ucciso nelle colonie e in alcuni casi col gas; ma Mussolini ha cancellato e tradito un’intera generazione mandandola a combattere una guerra folle. E quei soldati hanno sofferto anche dopo la pace".

Il fascismo è morto o può ritornare?

"Pur essendo stato sconfitto politicamente, il fascismo può ritornare. Per questo non bisogna abbassare mai la guardia".