Nel 1945, a New York, Georges Simenon tenne una conferenza sul lavoro dello scrittore, parlando della sua esperienza personale. Aveva solo 42 anni, ma la sua fama era già acquisita, e nelle parole che rivolge all’uditorio sorprende felicemente per la semplicità e la modestia che vi traspaiono. Un atteggiamento tipico, in fondo, di (quasi) tutti i veri grandi. Dice per esempio: "mi definirei un muratore delle lettere", e mette dunque l’accento sull’attitudine artigianale che muove già dai primi passi lo scrittore. Ma, come ci spiega, la sua vocazione era stata precocissima, avendo sentito, forte, fin da bambino, il desiderio di scrivere, di raccontare. E allora ci spiega il suo itinerario, fin da quando, lui belga di Liegi, si era trasferito a Parigi, alloggiando in una mansarda, che definisce "un posto sordido", iniziando con il giornalismo, ma avendo sempre in sé il desiderio di "raccontare una storia". Ci parla delle tappe del suo arrivare all’identità di scrittore, del suo attraversamento dei vari generi, a iniziare dal romanzo popolare utilizzando "ben sedici pseudonimi diversi". Si pone orari di lavoro: "mi dicevo: lavorando otto ore posso sfornare ottanta pagine al giorno". Stabilisce che dovrà "esplorare il mondo in ogni direzione, in verticale e in orizzontale", si muove comunque verso "l’opera d’arte", ci parla del suo incontro con Colette e poi con l’editore Fayard, al quale dice di voler superare il genere "romanzo popolare". E arrivano a stabilire la produzione di "un romanzo poliziesco al mese". Il creatore di Maigret entra dunque in azione, passando poi ad altre formidabili opere narrative di diverso genere, che continuano oggi a coinvolgerci per la loro capacità di andare in profondo con semplicità, proponendoci situazioni e personaggi che ci sembra ogni volta di conoscere direttamente. Sostiene, per esempio, che "il romanzo è l’uomo è il dramma dell’uomo alle prese col suo destino". Ci stupisce, anche, rivelando: "la storia non mi interessa", e aggiungendo: "Il romanzo non è solo un’arte, e tanto meno una professione. È soprattutto una passione che vi assorbe per intero, e vi tiene in pugno".
Per chi ama Simenon, queste pagine sono accattivanti e rivelatrici di una “normalità” del genio nel suo approccio con la propria arte. Come scrive nella sua postfazione il curatore del libro, Matteo Codignola, la sua concretezza lo portava anche ad avere un’attenzione su "questioni di stile e di tecniche", quanto anche sul "posizionamento editoriale del mercato". E oggi possiamo constatare che è riuscito a realizzare innumerevoli opere di alta qualità letteraria gradite a un pubblico vario e vastissimo.
Maurizio Cucchi