Sabato 5 Ottobre 2024
GIORGIA MESSA
Libri

«Genitori e figli, rapporti degni di un thriller»

Nel nuovo romanzo di Gillian McAllister la difficile scelta dell’ispettrice Julia fra verità e famiglia. «Sono attirata dai casi estremi: quando la posta in gioco è molto alta possono esserci condotte irrazionali»

La scrittrice inglese Gillian McAllister

La scrittrice inglese Gillian McAllister

Milano, 22 settembre 2024 _ Fin dove ci si può spingere per salvare un figlio? «La relazione genitoriale è uno dei pochi casi (forse l’unico?) in cui una persona morirebbe volontariamente, e senza pensarci, per un’altra» dice Gillian McAllister, scrittrice britannica da milioni di copie vendute, già finalista ai National Book Awards. È proprio su questo tema che McAllister torna con il suo ultimo thriller ad altissima tensione, Solo un’altra persona scomparsa (Fazi editore, settembre 2024, traduzione di Sabina Terziani). La protagonista, Julia, è un’ispettrice di polizia con una irreprensibile dedizione al lavoro, una figlia adolescente e un matrimonio in crisi. Condizione che rispecchia quella di molte donne di oggi, alle prese con il delicato equilibrio tra carriera e famiglia. E proprio mentre Julia cerca di tenere insieme i pezzi, le piomba tra le mani un caso che stravolgerà la sua esistenza. Dovrà scegliere: trovare la verità o salvare sua figlia.

Con un ritmo incalzante e una penna affilata, Gillian McAllister tesse una trama ricca di colpi di scena, dove l’indagine poliziesca si intreccia a una profonda indagine psicologica dei personaggi. Dopo la prima presentazione, ieri, al Festival Pordenonelegge, l’autrice farà tappa alla libreria Hoepli di Milano, domani, alle 18.

McAllister, già nel precedente romanzo aveva indagato l’impervio habitat dei legami familiari e della responsabilità dei genitori sugli errori dei propri ragazzi. Cosa la spinge su questi temi?

«Sono situazioni in cui la posta in gioco è molto alta e i comportamenti possono essere, quindi, del tutto irrazionali. Ciò, a mio avviso, genera trame interessanti. A livello personale, poi, penso di aver forse utilizzato l’argomento per capire se volessi io stessa dei figli (ora ne ho uno)».

Da dove nasce l’interesse per il thriller? Chi sono i suoi scrittori di riferimento?

«Mi piace scrivere di situazioni in cui le persone hanno tutto da perdere o in cui la tensione è già alta. Mi interessa ciò che accade nelle relazioni sotto pressione, e il crime è un buon veicolo per questo. Adoro i libri di Lisa Jewell e Lucy Clarke».

Anche Genevieve, figlia dell’ispettrice di polizia protagonista del suo libro, sviluppa un forte interesse per il true crime. È una cosa che accomuna molti giovani d’oggi. Come mai secondo lei?

«Domanda interessante. A volte penso che ci sia una sorta di mente collettiva in azione; certi argomenti e temi prendono piede per un qualche motivo, un po’ come è successo con il podcast “Serial” (un podcast sulla vicenda realmente accaduta dell’omicidio di Hae Min Lee, che sta spopolando negli Stati Uniti e in molti altri paesi occidentali, ndr). Credo, inoltre, che persone come Genevieve, che sono in qualche modo emarginate, siano attratte anche dal macabro».

Il thriller, come genere letterario, è stato a lungo dominato da scrittori maschi. Così come le posizioni ai vertici della polizia (mentre nel suo libro l’ispettore capo è una donna). Com’è oggi la situazione in Inghilterra? Nota un’evoluzione?

«Noto cambiamenti, ma mai abbastanza! Abbiamo ancora molta strada da fare».

Che tipo di rapporto instaura solitamente con i suoi personaggi? Si lascia coinvolgere emotivamente dalle loro vicende o riesce a tenere le distanze?

«Assolutamente sì, sono creati da me, sono parte di me, ma sono essi stessi esseri indipendenti. Parlo con loro a casa mia, li porto a passeggio con i cani, li intervisto e poi, quando esce un romanzo, devo lasciarli andare. Un po’ come si fa con i figli…».

C’è qualcosa o qualcuno di cui non scriverebbe mai?

«Penso qualcosa di molto traumatico, come un bambino scomparso che non torna più, o qualcosa che non sia la “mia“ storia da raccontare. Inoltre, mio marito mi vieta di scrivere troppo su di lui!».