Sabato 27 Luglio 2024
GIORGIA MESSA
Libri

Franck Thilliez: "Il thriller è trasgressione. Ma la paura fa bene: insegna a sopravvivere"

“ Norferville“ è il nuovo romanzo-incubo dato alle stampe dal maestro francese del giallo. "Fin da ragazzo ammiravo gli autori horror, capaci di farmi provare emozioni così forti"

Franck Thilliez, il re del giallo francese nato ad Annecy 50 anni fa

Franck Thilliez, il re del giallo francese nato ad Annecy 50 anni fa

Roma, 28 luglio 2024 – Un criminologo determinato a indagare sull’uccisione brutale della figlia, una tribù indigena che vuole vendetta, una donna figlia di una madre innu e di un padre bianco costretta a fare i conti con i demoni del passato. Tutto accade negli asfissianti confini di una cittadina isolata del Québec, nel grande nord canadese. “Norferville” (Fazi Editore, traduzione di Daniela De Lorenzo): “Un universo di bestie feroci, di solitudine e di ghiaccio, in cui il pericolo poteva sopraggiungere da dove meno te lo aspettavi, persino dall’aria”.

È il nuovo thriller del maestro francese Franck Thilliez. Ingegnere informatico e scrittore, classe 1973; i suoi libri hanno venduto un totale di dieci milioni di copie. Nel 2023, è stato l’autore di thriller più acquistato in Francia nonché il quinto in assoluto.

Thilliez, come nasce il suo interesse per questo genere letterario?

"Sono sempre stato affascinato dalla paura. Da adolescente amavo soprattutto i gialli e gli horror. Trovavo fantastico che autori, registi fossero capaci di farmi provare un’emozione così forte. Allora, da adulto, ho provato a imitarli. Mentre facevo l’ingegnere, la sera a casa, mi sedevo davanti al computer e cominciavo a scrivere, senza chiedermi se fossi tagliato per questo. È nato così il mio primo thriller".

Da dove trae più ispirazione? Immaginazione o realtà?

"L’attualità, i resoconti della polizia, i casi giudiziari sono le mie principali fonti di ispirazione. Essendo un ex ingegnere, poi, sono molto interessato alla scienza. Mi piace studiare cosa accade quando il cervello umano inizia a non funzionare correttamente. Psichiatria, amnesie, malattie psicologiche, allucinazioni; cerco di costruire le trame attorno a questi temi. Le mie storie sono pura immaginazione ma basate sulla realtà".

In questo ultimo romanzo, un padre indaga sull’uccisione brutale della figlia. Com’è stato scrivere di un personaggio così complesso? Riesce a mantenere le distanze da ciò che narra?

"Mi piace raccontare di personaggi che abbiano dei traumi, un “difetto“ che posso sfruttare nel corso della narrazione. Per quanto riguarda Teddy (il protagonista di “Norferville”, ndr), è stato molto interessante calarmi nei suoi panni, immaginare la battaglia che dovrà intraprendere per sopravvivere: come può un padre vedere il corpo mutilato della propria figlia? Come può assistere all’autopsia, tenendo la mente lucida? In generale, riesco a mantenere le distanze da ciò che racconto; un po’ come un giornalista di guerra che cerca la migliore angolazione della telecamera, nonostante l’orrore che si dipana sotto i suoi occhi. Questa distanza è necessaria per trascrivere al meglio una verità. Il che non mi impedisce, di tanto in tanto, di lasciarmi trasportare dalle emozioni dei personaggi, di sentire la loro sofferenza. In questi casi, scrivo passaggi particolarmente toccanti".

C’è qualcosa di cui non tratterebbe mai?

"Gli argomenti che riguardano i bambini li trovo molto delicati, riportano a un’ansia troppo reale, quindi li evito. E poi nei miei romanzi non parlo quasi mai di politica, ce n’è già abbastanza nella vita quotidiana".

Come si spiega l’interesse forte e sempre crescente delle persone verso il thriller e il true crime?

"Leggere è un modo di trasgredire le regole. Godere di un film horror, di romanzi polizieschi significa violare la norma sociale che condanna la violenza e quindi soddisfare un desiderio di trasgressione sepolto dentro di noi. La paura, poi, è una funzione necessaria per la nostra sopravvivenza. Spaventarsi è una sorta di allenamento di questo istinto primordiale. Allo stesso tempo sappiamo che, comodamente seduti sul nostro divano, siamo al sicuro. È come per il bungee jumping: la paura diventa piacere perché c’è il bungee!".

È noto il suo interesse per gli studi sulla mente umana. Lei è, tra l’altro, ingegnere informatico. Cosa pensa dell’intelligenza artificiale, dei suoi effetti sulla nostra mente e sulla scrittura?

"L’intelligenza artificiale risulta già molto utile in diversi campi – primo fra tutti la medicina, nella rilevazione di tumori – ma non credo possa rimpiazzare l’uomo; le professioni si reinventeranno. Nelle librerie, ad esempio, i sistemi di IA potranno aiutare il libraio a cercare un titolo per un cliente, ma non sostituiranno mai il contatto umano, i legami sociali. Per quanto riguarda la scrittura, poi, sono convinto che per poter inserire le emozioni nei testi, devi tu stesso provarle, conoscerle. Quando scrivo, penso allo stato d’animo in cui si troverà chi legge le mie parole. Questo dà forza a un romanzo e mi sembra molto complicato da insegnare a una macchina".