Bologna, 15 settembre 2024 – Errare humanum est. I Romani avevano ragione: a differenza di noi moderni, pensavano infatti che sbagliare fosse non una colpa da espiare ma un gradino indispensabile per la crescita dell’individuo e per il raggiungimento della verità, spesso figlia di una ricerca lunga e faticosa che va oltre gli schemi. Un’idea di cui restano tracce vistose nella nostra lingua: errare vuol dire anche perdere la strada, vagabondare alla ricerca di qualcosa. E non è forse vero che la storia umana è costellata di errori, molti dei quali, se corretti, avrebbero cambiato ciò che siamo?
Da questi interrogativi, di matrice filosofica ma che si affacciano anche sulla vita di tutti i giorni, parte l’affascinante riflessione di Enrico Castelli Gattinara, che già nel titolo promette un viaggio al di là delle colonne d’Ercole che sorvegliano certe nostre convinzioni. Il bello di sbagliare. “Come vincere l’ansia di commettere errori”, edito da Giunti (208 pp.; 16.90 euro) non è, come si potrebbe pensare, un inno agli sbagli che commettiamo ogni giorno; al contrario, si propone di guardare l’errore negli occhi e di accoglierlo per quel che è. Perché se è vero che commettere errori, come scrive ossessivamente l’autore, fa parte del nostro destino, non tutti gli errori sono uguali né devono essere necessariamente corretti (a eccezioni di quelli improduttivi, gravi o imperdonabili). In gioco, ed è qui il nocciolo del suo lavoro, c’è la storia dell’umanità. E Gattinara, come un novello Rodari, la racconta ripercorrendo avvenimenti cruciali come la scoperta dell’America o della penicillina, frutto di sbagli, e si appoggia sullo scudo di quei pedagoghi, filosofi e scienziati che attraverso una serie di studi hanno dimostrato che gli errori possono essere anche positivi.
La pensa così pure Gattinara, e lo scrive in veste di filosofo ma anche di insegnante. Proprio al mondo della scuola è dedicato gran parte del saggio (del resto l’autore è stato protagonista della docufiction di Sky “Scuola di felicità”, con la regia di Walter Veltroni); ed è un invito gentile rivolto a quegli insegnanti che considerano gli errori una spada di Damocle e sono restii a rivedere i propri metodi. Perché sbagliare è utile. Ce lo dice Rodari nel suo “Libro degli errori”: "Gli errori sono necessari, utili come il pane, e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa". A proposito: è frutto di un errore anche quella. Meno male che nessuno l’ha corretto.