Mercoledì 2 Ottobre 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

Emmanuel Todd: "Gli oligarchi e il nichilismo hanno distrutto le democrazie. È la sconfitta dell’Occidente"

La spietata diagnosi dello storico francese che preconizza il successo russo in Ucraina "Le pulsioni distruttive hanno il sopravvento. Il dominio Usa è finito, il futuro è nel pluralismo".

Emmanuel Todd: "Gli oligarchi e il nichilismo hanno distrutto le democrazie. È la sconfitta dell’Occidente"

Giovanni de’ Vecchi, Mappa dell’Europa del XVI secolo. . Emmanuel Todd è autore di numerosi libri di geopolitica, fra i quali Il crollo. finale (1976), Dopo l’Impero (2002)

Dice Emmanuel Todd che stiamo assistendo alla sconfitta dell’Occidente, vittima del suo nichilismo e dei suoi errori di valutazione. Aggiunge che la Russia è destinata a vincere in Ucraina, che il declino degli Stati Uniti è irreversibile e che anche il tempo delle democrazie è finito; insomma Todd sostiene che occorre ripensare il mondo secondo nuovi parametri. Ogni libro dello storico francese suscita discussioni e divisioni e La sconfitta dell’Occidente (Fazi) non farà eccezione; lui è abituato a finire sul banco degli accusati e fa notare d’essere pressoché oscurato dai media pubblici francesi, ma intanto il libro ha già toccato quota ottantamila copie vendute in Francia ed è stato tradotto in numerose lingue (ma non, al momento, in inglese). Per capire il tono del volume, si può considerare come Todd riscrive il “campo“ della guerra in Ucraina, alludendo al ruolo degli Stati Uniti: "È questa oligarchia liberale, animata dal nichilismo, e non una democrazia liberale, a guidare la lotta dell’Occidente contro la democrazia autoritaria russa".

Perché sostiene che gli Usa sono un’oligarchia liberale?

"I sistemi politici non possono essere analizzati a prescindere dal sostrato culturale ed educativo. Per me la fase della democrazia corrisponde all’alfabetizzazione di massa: tutti sapevano leggere ma nessuno aveva un’istruzione superiore. Quando nei paesi avanzati si è arrivati ad avere un 30-40% di persone con istruzione superiore, ha cominciato a frammentarsi lo spirito civile della maggioranza e così si è disgregata la mentalità democratica. Perciò, pressoché ovunque, si è manifestata una tendenza oligarchica. Nel mondo angloamericano si assiste allo sviluppo più puro di questa tendenza perché la mentalità generata dalle strutture familiari ha favorito l’individualismo. Così gli Stati Uniti hanno la forma della democrazia, con il voto e il pluralismo, ma il sistema controllato e diretto dagli oligarchi dell’economia".

In Russia che cos’è successo?

"La tendenza all’ineguaglianza è stata analoga e si è espressa anche nell’economia, ma la mentalità comunitaria, egualitaria, autoritaria della famiglia tradizionale russa ha prodotto un sistema diverso, che io chiamo democrazia autoritaria. Il sistema di potere si basa sull’ambiente popolare e ha il favore delle classi medie, ma l’oligarchia è stata distrutta con la violenza, fino all’eliminazione fisica".

Che spazio resta per la democrazia?

"Io credo che un elemento fondamentale dell’analisi geopolitica contemporanea sia l’accettazione del fatto che viviamo in una condizione di post democrazia. Parlo da storico e da persona legata alla democrazia liberale, ma dico che nonostante le elezioni e il pluralismo dell’informazione una fase si è chiusa".

Vale anche per l’Europa?

"Nell’Europa continentale sta prendendo vita una terza forma, vicina al modello angloamericano, ma con aspetti di quello russo, però è troppo presto per un inquadamento definitivo. Si stanno affermando forze come il Rassemblement National francese o l’Afd tedesca, che io non definirei populiste e di estrema destra, ma conservatrici-popolari. C’è chi le definisce putiniane, ma c’è una differenza profonda: il regime di Putin ha un obiettivo di sovranità nazionale che prevede rapporti amichevoli col mondo islamico, visto che la popolazione russa per il 15% è musulmana; il conservatorismo popolare europeo è invece ostile all’immigrazione e all’islam. Quello che mi domando, a livello di scienza politica, visto che gli oligarchi, con la potenza del denaro, possono controllare il sistema politico, è se sia possibile metterli fuori gioco senza violenza".

Perché dice che l’Occidente è nichilista?

"Il punto di partenza è Max Weber e il suo classico L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Io distinguo tre stadi di presenza della religione nella società: attivo, zombie e zero. Oggi nel mondo angloamericano siamo al grado zero, non c’è più traccia di quei valori religiosi che inquadravano i comportamenti e gli schemi mentali degli individui. Siamo sicuramente liberi, senza illusioni, ma la questione della condizione umana, del senso della vita resta aperta e in questo vuoto nasce un’angoscia che porta al nichilismo".

E il nichilismo dove porta?

"Nel vuoto di prospettive, si ha una deificazione del vuoto e questo porta a una pulsione di distruzione delle cose e degli uomini e anche a una negazione della realtà. Inizialmente applicavo questa nozione al nazionalismo ucraino e al suo assurdo obiettivo di riportare i russi del Donbass sotto il proprio controllo, un obiettivo nichilista perché la guerra diventa fine a sé stessa. Ora vedo queste pulsioni anche negli Stati Uniti, che in Ucraina hanno certamente l’obiettivo di tenere sotto controllo l’Europa, ma in Medio Oriente e in prospettiva in Estremo Oriente c’è una spinta alla guerra per la guerra. Forse ora va aggiunto Israele. Mi chiedo se la sua politica militare sia finalizzata solo alla ricerca di sicurezza, o se non sia invece il frutto di un vuoto di progetto. Israele oggi mi sembra, più che un paese di allievi di von Clausewitz, una macchina per la guerra. E voglio precisare che io sono di origine ebraica".

Lei dice che la Russia in Ucraina raggiungerà i suoi obiettivi. L’Europa che cosa avrebbe dovuto fare al momento dell’invasione?

"Nel 2022, sull’onda dello choc e delle emozioni conseguenti, non credo che l’Europa potesse agire diversamente da come ha fatto. Semmai nel 2014 non avrebbe dovuto spingere gli ucraini a scegliere fra Russia e Occidente. Ora gli europei devono decidere se accettare la vittoria russa, sapendo che Mosca non andrà oltre, perché non ne ha le forze, né materiali né umane. Il problema è che gli americani potrebbero rifiutare la sconfitta e spingere per una fase ulteriore della guerra, aprendo a possibilità drammatiche. Un ruolo chiave lo avrà la Germania, che è stato fra i paesi più riluttanti a mettersi in guerra. Servirebbe creare un asse fra Berlino, Parigi e Roma".

Lei parla dell’espansione dei Brics – Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e vari altri paesi. Il futuro è loro?

"Certamente, ma in forma a mio avviso transitoria. Ancora non possiamo dire che cosa prenderà il posto della dominazione americana. Penso che il mondo futuro non sarà dei Brics, ma sarà un mondo di pluralismo".