Giovedì 26 Dicembre 2024
SILVIA ANTENUCCI
Libri

Donato Carrisi: "Nell’infanzia e nei sogni cerchiamo il senso del vivere. E la via della trascendenza"

Con “La casa dei silenzi“ una nuova storia dello psicologo infantile e ipnotista Pietro Gerber "Entriamo nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale, perciò ci chiediamo: io in che cosa credo?" .

Una Firenze notturna e piovosa è lo scenario della saga di Donato Carrisi incentrata sulla figura di Pietro Gerber, psicologo infantile che pratica l’ipnotismo

Una Firenze notturna e piovosa è lo scenario della saga di Donato Carrisi incentrata sulla figura di Pietro Gerber, psicologo infantile che pratica l’ipnotismo

Donato Carrisi è tornato in libreria (e in classifica) con l’amato personaggio Pietro Gerber, l’ipnotista che salva i bambini e svela misteri in una piovosa e romantica Firenze. La casa dei silenzi è un thriller gotico pervaso di suggestioni oniriche, esplorazioni dell’inconscio, riflessioni sul destino e fatali combinazioni di eventi, dove il mondo sommerso della coscienza si mostra progressivamente più reale e, a volte, veritiero della realtà. Pietro Gerber, lo psicologo infantile specializzato nell’ipnosi già protagonista dei tre precedenti libri che compongono la serie (La casa delle voci, La casa senza ricordi, La casa delle luci) cercherà stavolta di salvare il piccolo Matias, terrorizzato all’idea di addormentarsi tra incubi apparentemente ricorrenti, sciami di insetti, fantasmi.

"Pietro Gerber", racconta Carrisi, è l’incarnazione di "una speranza e un tormento: la speranza che possa ripristinare l’ordine facendo luce nei labirinti che percorrono la mente dei bambini, il tormento che ha origine dall’esplorazione della psiche di Matias, che noi viviamo passo per passo insieme a Pietro. Il mio protagonista è uno che non si tira indietro, è sempre e totalmente coinvolto. Tutti i casi che gli sottopongono finiscono infatti per consumare anche la sua esistenza".

Carrisi, il libro si apre e si chiude nel segno della circolarità, con l’affermazione "il giorno in cui il destino ti busserà sulla spalla ti sembrerà uguale a tutti gli altri".

"È esattamente quello che è accaduto a me. Questa storia mi ha bussato sulla spalla, arrivando all’improvviso quando avevo in mente un altro romanzo. Poi, quasi come un incontro fatale con il destino, me la sono ritrovata tra le mani. L’incipit mi è venuto quasi subito".

Cosa possiede di unico il mondo onirico dei bambini?

"I bambini sono sempre protagonisti dei miei romanzi perché l’infanzia è l’unica cosa che ogni essere umano ha in comune con gli altri. È lì che nascono le paure e vengono poste le basi dell’individuo: attraverso essa si assume proprio una forma specifica. Rispetto alla parte onirica, si dice che tutti noi abbiamo un sogno ricorrente, in realtà i sogni ricorrenti non esistono: abbiamo la memoria di un sogno che pensiamo sia ricorrente semplicemente perché ce lo ricordiamo meglio degli altri, e di solito è un incubo che abbiamo fatto nell’infanzia e che ha segnato la nostra psiche".

Come si prepara per scrivere di questi temi?

"Viviamo in un momento particolare, aggrediti dal progresso, così dominati da scienza e tecnologia che sentiamo l’esigenza di domandarci in cosa crediamo, se crediamo in qualcosa che va al di là del materiale. Sono le stesse domande, naturalmente, che si ponevano all’inizio dell’Ottocento, quando poi c’è stata l’esplosione del romanzo gotico, che serviva in qualche modo a compensare quello che era il progresso di quell’inizio secolo. Non a caso, un romanzo come Frankenstein è stato concepito nel 1816 e riassume in sé la grande domanda sulla vita e sulla morte, coinvolgendo direttamente la scienza e la tecnica. Ora che siamo alla vigilia della rivoluzione dell’intelligenza artificiale, queste domande sono più che mai attuali. Attraverso romanzi come questo ci si pone la domanda “Io in che cosa credo? Esiste qualcosa che va al di là di me, al di là di ciò che mi circonda?“

La rivoluzione dell’intelligenza universale impone una domanda sul trascendente?

"Fatalmente. è la stessa domanda che si stanno ponendo alcuni fisici, che appunto teorizzano l’esistenza dei multiversi, delle dimensioni parallele, perché hanno ormai verificato che le leggi fisiche che regolano il mondo macroscopico non valgono per il mondo microscopico. Il comportamento delle particelle è sorprendente perché non risponde alle stesse leggi fisiche che noi conosciamo e da cui non possiamo liberarci. Ora, tutto questo ci pone appunto una domanda sul trascendente, alla quale dare dignità e ammettendo che siamo in un momento di grande crisi spirituale. Gerber diventa anche in questo caso un esploratore di un mondo di fantasmi".

Perché ha scelto di ambientare le storie a Firenze?

"Come tutti sono da sempre innamorato di questa città, però avevo bisogno di due cose: che piovesse sempre, per trasfigurare la città e farla diventare un po’ come quella di Seven di David Fincher, e di eliminare tutti i turisti. Amo i viaggiatori, che si mimetizzano e sanno cosa fanno e dove vanno, non i turisti. Sulla piega presa dal turismo di massa sono per un intervento radicale: capisco che sia una fonte di guadagno però ormai è come riempire le strade di spazzatura e di liquami. Quindi io svuoto le strade dai turisti e restituisco ai fiorentini questa città meravigliosa".

È vero che non vorrebbe mai incontrare Stephen King?

"Prima di tutto avrei paura di commuovermi, credo che Stephen King abbia veramente cambiato la letteratura, non solo americana, ma mondiale. È riuscito, attraverso le paure, a raccontare uno spaccato dell’umanità e a renderlo immortale. Tra cent’anni si parlerà ancora di Frankenstein, e di Pennywise".

La signora silenziosa del romanzo è fortemente simbolica.

"La signora silenziosa diventa sempre meno spaventosa quando Gerber le fa raccontare la sua storia. Trovo che questo sia lo specchio di quello che ci accade: giudichiamo le persone in base alle apparenze ma tutti hanno una storia, anche la persona più crudele ne ha una che vale la pena di essere ascoltata. Essa può cambiare non solo il nostro punto di vista sul mondo ma ci può in qualche modo salvare. Oggi tutto è lapidario, volgare, non esiste compassione. Trovo sia questa assenza l’apice della crudeltà".

Sono passati 15 anni dal suo romanzo Il suggeritore. Come ha visto cambiare l’editoria?

"Forse sono la persona meno indicata per rispondere, io sono rimasto con lo stesso editore dall’inizio. Oggi molti dimenticano che occorre averne uno alle spalle per poter scrivere bene: egli non è semplicemente quello che ti pubblica ma è colui che ti protegge, ti indirizza, ti corregge".

Ci saranno altri romanzi con l’ipnotista?

"Seguo le mie intuizioni, sempre alternando libri seriali ad altre produzioni. Nella mia testa le case sono sette, ma non so se le scriverò mai. So che non voglio finire qui, vedremo cosa mi verrà a bussare sulla spalla".