Bologna, 2 febbraio 2025 – In questo Giubileo votato alla speranza la redenzione è il sottile filo rosso che unisce papa Francesco a don Primo Mazzolari (1890-1959), a distanza di 135 anni dalla nascita del prete di Bozzolo, nel Mantovano. Riscatto e speranza per tutte e tutti, al punto che papa Bergoglio non ha esitato ad aprire la seconda Porta Santa, dopo quella in San Pietro, proprio in un carcere, a Rebibbia. In questo modo ha inteso indicare ai detenuti un simbolo per guardare all’avvenire con fiducia e un rinnovato impegno di vita. Come dire che c’è un domani anche per chi, a causa dei suoi crimini, vive un oggi di reclusione.
Quello stesso presente di detenzione in cui fu costretto a suo tempo don Mazzolari per via della sua ferma e coraggiosa opposizione alla dittatura fascista. È stato anche in questo contesto che "La tromba dello Spirito Santo in Val Padana", così come lo definì papa Giovanni XXIII, iniziò a considerare il carcere non solo come un luogo di pena, ma anche e soprattutto come spazio di redenzione e rinascita. Il libro Oltre le sbarre, il fratello (editore Edb), a cura di Bruno Bignami e Umberto Zanaboni, con la prefazione dell’arcivescovo di Ferrara, Gian Carlo Perego, raccoglie gli scritti inediti e storici di don Mazzolari dedicati al carcere e ai detenuti.
Tra gli approcci più salienti e innovativi del “parroco d’Italia“ spicca quello a favore della giustizia riparativa che, nell’ottica d’impegnare il reo a rimediare alle conseguenze del reato commesso, mette in relazione lo stesso, la vittima e la comunità civile. Un ponte per tre pilastri, redenzione e non più mera punizione. D’altronde, avrebbe detto Mazzolari evocando la sua più celebre e dirompente omelia, persino "Giuda è mio fratello, voglio bene anche a lui".