Lunedì 15 Luglio 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Libri

Diaspora palestinese. La forza delle donne per quattro generazioni

Lo sguardo di Jadd Hilal sui tormenti del Vicino Oriente

Diaspora palestinese. La forza delle donne per quattro generazioni

Diaspora palestinese. La forza delle donne per quattro generazioni

Firenze, 14 luglio 2024 – L’editore Astarte mantiene fede alla sua missione di proporre le voci e le culture del Mediterraneo e pubblica un romanzo, “Una terra per restare”, di Jadd Hilal, che introduce il lettore nelle tragedie, ma anche nel fascino, del Vicino Oriente, terra tormentatissima, sempre al centro delle cronache, eppure mai abbastanza conosciuta. Hilal, professore di lettere a Parigi, trentasettenne, racconta quattro generazioni di una famiglia palestinese attraverso le donne, a partire da Naima, classe 1930, scossa bambina da un devastante attentato compiuto ad Haifa, la città natale. Mamma Nejla prova a spiegarle quanto accaduto, in un dialogo rivelatore. "“La Haganah è un’organizzazione clandestina sionista“. Non capii una parola. “Protegge gli ebrei minacciati dagli arabi“. “Perché? Minacciamo gli ebrei, noi?“".

Pochi anni dopo, siamo nel 1947, col primo conflitto arabo-israeliano comincia per la famiglia una diaspora infinita, con una base però nel Libano, terra ospitale, ma anche infernale, coi suoi enormi campi profughi e un destino di conflitti intestini e guerre guerreggiate. Hilal dà voce, in ogni capitolo, a una delle protagoniste della sua saga e così leggiamo in filigrana non solo l’evoluzione geopolitica del Vicino Oriente, ma anche la progressiva, sia pur difficile, emancipazione delle donne di una famiglia fortemente turbata dalla storia.

Le nozze di Naima sono combinate: promessa sposa a dieci anni, moglie a dodici (lui ventunenne), madre di sette figli. Nelle generazioni successive – da Ema a Dara fino a Lila – non sarà più così, ma il rapporto delle donne con i rispettivi compagni sarà sempre problematico, mai del tutto risolto. Ema scopre la sua strada nell’impegno politico per la causa palestinese, mentre la famiglia, grazie al lavoro, via via si internazionalizza. Ma un’autentica pacificazione è impossibile. Nel 1982 in Libano torna la guerra e con essa l’ora di ripartire, di rifugiarsi altrove, per quanto il richiamo di Beirut, città cosmopolita e fascinosa, non venga mai meno. Dara, la figlia di Ema, dal comodo riparo franco-svizzero ammette a sé stessa: "Nulla mi manca più del caos libanese, quel disordine variegato e barocco, quella terra dove tanti uomini, credendo di morire l’indomani, comprano auto di lusso per poi essere costretti a viverci dentro a causa dei debiti".

Il doloroso intreccio fra vita quotidiana e grande storia resta il destino della famiglia, e dell’intera comunità palestinese. L’ultima voce è quella di Lila, classe 1998: "Mi ricordo di una volta che ero a scuola a Beirut e d’un tratto tre uccelli avevano spiccato il volo nel cielo. Si era sentito una grande “boom“. Mamma mi aveva detto che era una bomba contro Rafiq Hariri. Tutti avevano iniziato a correre nel cortile della ricreazione. Ero corsa fuori anch’io. Ma correvo verso gli uccelli. Perché volevo andarmene con loro".