Davide Desario, direttore di Adnkronos, è cresciuto ad Ostia, quartiere di Roma noto per i suoi lidi e la spensieratezza estiva, ma anche per la criminalità. Nel suo libro Storie bastarde – Quei ragazzi cresciuti tra Pasolini e la Banda della Magliana (Avagliano Editore) ci riporta agli anni ‘70 e ‘80, quando si scendeva nel cortile a giocare e si viveva la strada. Il libro raccoglie storie personali che hanno come sfondo la Storia collettiva.
"Questo libro nasce 14 anni fa – racconta Desario –. Mi ero rotto una gamba e mi sentivo un leone in gabbia. Di notte su Facebook scrivevo le storie che raccontavo agli amici. Ricevevo commenti e interazioni, c’era anche un pubblico silente di lettori. Ho trovato un editore e il libro è diventato quasi un “cult“ a Roma e a Ostia. Qualche mese fa la casa editrice mi ha proposto una nuova edizione. Francesca Fagnani ha scritto la prefazione, molto azzeccata, e ho aggiunto una storia: quella di un ragazzo di Ostia che decide di farla finita. È forse la storia più bastarda di tutte".
Quanto c’è di Ostia in lei?
"Ostia è il mio primo amore. La amo e la odio: ha il mare, è vicina all’aeroporto, ha una pineta immensa, ma è anche un quartiere difficile. Ha subito tragedie, come l’assassinio di Pasolini, il caso di Simeone Nardacci e Mafia Capitale. Ostia è stata commissariata, pur essendo un quartiere. Ogni volta che tenta di risollevarsi, qualcosa la riporta indietro. Vengo da una famiglia borghese, in cui si discuteva educati al dialogo. Ma quando sei davanti a persone che non condividono questi valori, o scappi o ti adatti. Nell’adolescenza mi è capitato spesso di soccombere, fino a quando, una volta, ho usato anch’io la forza: un’esperienza che mi ha liberato dalla paura".
Elemento essenziale del libro è l’amicizia, i suoi compagni.
"Con loro ho un rapporto fortissimo. Le esperienze primordiali sono come solchi su un disco: una volta incisi, suoneranno per sempre. Ho un pezzo di ciascuno di loro dentro di me; sono parte di me, anche quelli che purtroppo non ci sono più".
Nei racconti ci sono vittime della droga.
"La droga, all’epoca, era un tabù in un’Italia ipocrita. I primi morti per droga venivano archiviati come arresti cardiaci. Chi viveva per strada vedeva gli effetti devastanti che colpivano in particolare i giovani più fragili. Non ho mai toccato alcuna sostanza, ma avere avuto una famiglia sana mi ha aiutato: un “recinto invisibile“ che mi ha protetto senza mai soffocarmi".
Nei suoi racconti, vita e morte sembrano strettamente legate.
"In quegli anni, il confine tra vita e morte era sottilissimo. Bastava un’amicizia sbagliata, un errore, anche solo un incidente domestico. L’Italia era diversa: la morte era una compagna quotidiana. Non ho cercato io di mettere la morte nel libro: era semplicemente lì".
Come descriverebbe gli anni ‘70 e ‘80 a un adolescente di oggi?
"Ogni epoca ha le sue sfide e i suoi vantaggi. Oggi la tecnologia da un lato facilita, ma dall’altro riduce l’incentivo a uscire. I nostri genitori erano intenti a far ripartire il Paese, quindi lavoravano tanto e ci controllavano di meno. I ragazzi di oggi sono forse meno responsabilizzati. È tutto alla portata di un clic e questo cambia le cose".
Cosa vorrebbe dire a chi leggerà il suo libro?
"Spero che i lettori possano ripercorrere la propria storia; “riavvolgere il nastro“, come si faceva una volta con le cassette, per rivedere le salite e le discese, capire le paure superate, e riconoscere da dove veniamo. Ricordare tutto ciò che abbiamo superato può darci fiducia e ottimismo per affrontare il futuro".
Prima presentazione nazionale del libro Storie bastarde di Davide Desario mercoledì alle 18 a Roma, al Palazzo dell’informazione Adnkronos, Piazza Mastai 9, alla presenza di Lamberto Giannini (prefetto di Roma), Eleonora Daniele (giornalista e conduttrice), Andrea Lombardi (editore). Modera Giovanni Floris (giornalista e conduttore).