Giovedì 7 Novembre 2024
CESARE SARTORI
Libri

Un libro per l’estate / Cuore e montagna. La saggia felicità di Mario Curnis

"Diciotto castagne-La montagna, il bosco, la felicità" di Mario Curnis (Rizzoli, 2022): la vita dell’autore, alpinista che ha imparato dalla scalata alle vette la gioia, la sfida, la rinuncia, la bellezza. Un racconto attraverso ricordi e riflessioni sulla vita e la natura.

Cuore e montagna. La saggia felicità di Mario Curnis

Il libro "Diciotto castagne-La montagna, il bosco, la felicità" racconta la vita di Mario Curnis

Firenze, 7 agosto 2024 _  “Ci siamo dimenticati di come si abita il mondo. Bisogna tornare a casa”. Un libro per chi ama la montagna in tutte le sue declinazioni e possibilità di fruizione. Curnis è stato in parete con quattro generazioni di scalatori, i più grandi. Ha affrontato le Alpi, le Ande, l'Himalaya e più volte l'Everest. Ma “la vera vetta è la casa, sempre: per te che torni salvo e per chi è rimasto ad aspettarti. (...) E sii felice di dove arrivi, non è necessario raggiungere la cima, non devi nulla a nessuno. (...) La montagna non ha intenzionalità, non è lei che ti uccide (...) lei sta lì, sei tu che vai a disturbarla; quindi, sei tu che devi sapere quel che può capitare e devi chiederti: sono in grado di andare incontro a un gigante? Prima di affrontare la montagna, devi affrontare te stesso. E comunque è la montagna che comanda, si muore anche per una sciocchezza: tu puoi e devi soltanto essere coerente, prudente, concentrato al massimo e capace di sopportare la sofferenza. Perché non ci si dimentichi che l’alpinismo è innanzitutto gioia. Per me è stato questo: gioia, passione e libertà, qualcosa di intimo e personale che per molto tempo ho condiviso soltanto con i compagni di cordata e con la mia famiglia”.

"Quella del compagno con cui affrontare una grande scalata è la scelta più delicata. Stai per mettere la tua vita in mano ad altri, sei ‘legato’ con qualcuno. Se vado in montagna con uno che non conosco e qualcosa va male a causa sua, lo sbaglio l’ho commesso io, non lui. (...) Da alpinista io cercavo i forti, non i danarosi. Anche per questo non sono mai diventato guida alpina. Ho preferito compiere belle scalate, dure e faticose, con persone povere di mezzi ma ricche di energia e intelligenza. (...) Sarà un mio pregiudizio, ma credo che per portare a casa determinati risultati si debba avere al fianco gente abituata a sgobbare, che sa soffrire, dotata di senso pratico e in grado di accendere un fuoco quando serve”.

“La montagna ti insegna tante cose, ma la serietà devi averla imparata prima; devi essere già maturo quando affronti una parete, altrimenti il rischio è alto. Puoi essere protetto, puoi avere il casco, ma ciò che conta è cosa c’è sotto al casco, quello che hai nella testa. In montagna devi essere preparato alla solitudine e pronto a soffrire e devi farti bastare poco perché meno porti più sei leggero e meglio ti muoverai; nello zaino ci va il minimo indispensabile. Ho sofferto nei bivacchi, ma non ho mai pensato ‘Chi me lo fa fare’ e non ho mai odiato la montagna; che tu sia in grado o meno di scalare una parete, questo si vedrà, ma le incognite del bivacco, per esempio l’inzupparti d’acqua per giorni e giorni le devi mettere nel conto e devi essere in grado di sopportarle”.

Mario però non è stato solo un alpinista ("Io, in montagna, come sul lavoro, andavo sempre al massimo”). Ha conosciuto fin da bambino la fame, le privazioni e la fatica del lavoro, poi via via ha incontrato il successo e il fallimento, la malattia, la depressione e la rinascita, sempre con al fianco la moglie Rosanna, con la quale vive in una baita lontano da tutto. Loro, insieme, hanno piantato mille alberi e spostato le montagne (“Mai arrendersi” è il motto di Mario che però ha sempre “difeso il valore della rinuncia. La paura in sé la si può anche vincere perché è uno stato d’animo che ci creiamo noi e che dunque possiamo arrivare a controllare. Ciò che a volte mi ha portato a rinunciare non era il cedimento alla paura ma la consapevolezza di trovarmi di fronte a un rischio troppo alto. In questo senso la rinuncia non è per me una sconfitta: non sono arrivato in cima, è vero, non ho messo a segno la ‘prima’, ma mi sono salvato (...) ho portato a casa la pelle!”).

Quella di Curnis è una storia di riscatto, dignità, coerenza, ribellioni, rischi, rivincite e resurrezioni. Di come si possa cadere, combattere e rialzarsi. Ma è anche un'attualissima lezione di semplicità e di armonia con l'ambiente. E’ il racconto di come si possa, con pochi mezzi, rinunciando al superfluo, ottenere il risultato più difficile: la felicità. Perché la felicità non costa nulla ed è accanto a noi, posata sul ramo di un albero o nascosta sotto la neve.

"Le comodità ti liberano dalle responsabilità. Anche i bambini devono poter rischiare qualcosa o non apprenderanno mai la misura, la consapevolezza. Se vengono sempre tenuti sotto controllo penseranno che c’è sempre qualcuno che si occupa della loro sicurezza e non imparano più a badare a sé stessi. Sia chiaro: sono contento che non vivano l’infanzia grama che ho vissuto io. Però vedo bambini che non toccano l’erba, non vivono il buio, non si arrampicano sugli alberi, hanno meno capacità di sopportare i sacrifici, sono sempre sotto l’occhio vigile dei genitori. Fanno tante esperienze passive, questo sì, vedono sicuramente molte cose che noi non conoscevamo, ma “toccano” di meno, e credo che questo cambi la percezione del pericolo, la capacità di valutare, di concentrarsi. Cose che per me erano indispensabili, in montagna e non solo”.

Quella di Mario è una storia unica e irripetibile, ma che parla delle vite di tutti. La sua memoria non descrive il fascino di un mondo che non c'è più, ma quello di un mondo come potrebbe essere ("Io non ho mai voluto essere servo di qualcosa o di qualcuno: scuola, chiesa, esercito o lavoro che fosse e ho sempre cercato di cavarmela da solo: se una cosa non me la posso permettere, non la faccio. (...) I soldi comprano soltanto le cose in vendita e io non sono mai stato in vendita”).

Questo libro non è una biografia. Procede per ricordi. A fare da filo conduttore, tra flashback, aneddoti e frammenti di diario, è la saggezza del suo sguardo da "capo indiano", l'indipendenza di giudizio con la quale analizza e interpreta le sue vicende personali, l'alpinismo di ieri e di oggi, la sobrietà, l'ascolto della natura, la vita e la morte, la solitudine e l'amicizia, il lavoro e la passione. La felicità, sempre.