Bologna, 17 novembre 2024 – A un passo dalla rottura. All’indomani delle stragi di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023 e della conseguente risposta militare di Tel Aviv nella Striscia di Gaza, i rapporti fra cristiani ed ebrei si sono fatti tesissimi. Troppo tiepida per i rabbini la solidarietà manifestata dal Papa per il sangue versato dai figli di Davide, troppo spietata per non pochi cattolici la reazione d’Israele.
Partendo da quella che definisce una sua "fissazione" per il dialogo con gli ebrei, il teologo Brunetto Salvarani in “Un percorso difficile anche per Dio” (Effatà Editrice) prova a rilanciare un confronto che per la Chiesa è stato “depurato“ sostanzialmente solo a partire dalla dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II, nel 1965: via le accuse di deicidio e ogni paravento fideistico all’antigiudaismo. D’altronde le pietre d’inciampo, poste dai cattolici nei secoli, non sono mancate, dai ghetti per gli ebrei voluti nel ’500 da Paolo IV alla Shoah con i silenzi, se non peggio, di numerosi cristiani. Salvarani non nasconde le criticità di un legame unico per la Chiesa. Gesù nasce e muore ebreo, i suoi seguaci sono stati parte del popolo d’Israele prima di esserne espulsi. Ma resta il fatto, non troppo noto, che essere ebrei non è solo e tanto un dato religioso, è piuttosto un elemento identitario che porta all’identificazione con Israele, la terra e il suo popolo. Preziosa a riguardo è la disamina offerta nella prefazione del libro dal vescovo Derio Olivero, presidente della Commissione per il dialogo della Cei, sul significato teologico della Terra di Canaan per gli israeliani che, se non giustifica affatto i massacri nella Striscia, aiuta a comprendere come Tel Aviv viva l’eccidio nei kibbutz alla stregua di un sacrilegio. "Noi non siamo “la sostituzione“ del popolo d’Israele, né il “vero Israele“ – Olivero chiarisce il rapporto fra Roma e Gerusalemme –. Siamo un ramo spuntato da un popolo che continua a esistere". Da qui si deve ripartire, nella consapevolezza che, citando il filosofo ebreo francese Dan Arbib, quello tra ebrei e cristiani è un dialogo "impossibile e tuttavia necessario".