Capita di citare ancora – sempre meno a dir la verità – Michel Foucault. Sorvegliare e punire, per esempio, resta un grande classico che potrebbe essere ancora una cartina tornasole per ragionare sulla contemporaneità: sulla giustizia e sull’erogazione della pena. Anche in tempi come questi, in cui se ne fa tanto discutere, avvitando il dibattito in dichiarazioni contrapposte (e spesso di bandiera). In un Paese poi, in cui le carceri sono in uno stato non solo allarmante, ma spesso pietoso e tragico (basta dare un’occhiata al numero crescente dei suicidi in cella). Ma Foucault è stato anche conferenziere. Ora vengono riproposte e raccolte in un volume dal titolo Che cos’è la critica? due conferenze che ha tenuto a cinque anni di distanza. Una alla Sorbona (1978) e l’altra a Berkeley (1983). Si parte, come spesso accade con Foucault, da Kant e in particolare da un articolo del filosofo tedesco, piuttosto celebre: Was ist Aufklärung? (1784). Traduzione: che cos’è l’illuminismo? Estendendo la domanda, allargandola alla realtà fino ad arrivare invece a un’aòtra domanda che spesso abbiamo smesso di farci: che cosa possiamo conoscere? Prendendo anche consapevolezza che una domanda del genere, epistemologica, è anche fondamentale per capire quali sono i nostri limiti e i nostri rapporti con la realtà che osserviamo. Oltre a diventare anche un pungolo per una propria autodeterminazione, ripensando proprio all’Illuminismo e alla condizione di minorità (solo in partenza) rispetto alle autorità.
Foucault dice che la critica s’impernia sul rapporto tra potere, verità e soggetto. Ragiona anche su quella che definisce come l’attitudine critica che tiene insieme "l’alta impresa kantiana e le piccole attività polemico-professionali". Ragionare sui limiti della conoscenza, partendo dalla domanda kantiana, significa anche arrivare a una conclusione in cui l’individuo, autonomo, prende coscienza di come debba vivere il presente. Un passaggio cruciale dell’intervento alla Sorbona (p. 49): "Si cerca di sapere quali sono i legami, quali sono le connessioni che possono essere individuate tra meccanismi di coercizione e elementi di conoscenza (...)".
Matteo Massi