Le notizie non sono delle migliori, è vero. Band giovanili e una violenza cieca che non risparmia gli adolescenti, droghe di cui è difficile tenere il conto perché il “brand“ si rinnova, bambini che muoiono alle frontiere, nel mare e nei conflitti, anche di freddo, una ricchezza senza freni che identifica i desideri con la possibilità di fare tutto quello che gli pare, le guerre... Sembra quasi sgarbato fare l’elenco, ma il nostro mondo è purtroppo è anche questo.
“Le notizie non sono delle migliori, / mai state d’altronde / e neppure attendibili. / La vita media si è allungata, / l’unica verità accertata. / È verosimile che il creatore del palinsesto / abbia trovato, così, l’unico modo / per vendere più copie", ironizza Marco Saya nella sua ultima raccolta di poesie edita dalla casa editrice che porta il suo nome.
Nato in Argentina, milanese d’adozione, Saya non cade nel disincanto, non rende amara la stagione anziana: c’è ancora posto “nei bui tasconi, / una pila sbucata / da non so dove / illuminava il vetusto/ manto e la vita / seguitava“. C’è come una resistenza affaticata che emerge in ciascuna delle 55 composizioni del libro, una bella prova d’autore, che si puntualizza nell’esergo dell’ultima: “Un palco deserto aspetta / che il vento fischi / il nome della pace“.
La tenacia sarà premiata, anche sotto il profilo strettamente stilistico, che rivela in Marco Saya un cultore della metrica che ha messo alle spalle le indicazioni che dovrebbero favorire lo “share“ e i suoi decreti: resta l’essenziale e il piacere di poterlo raccontare, di mettere l’obiettivo a fuoco sui temi sensibili della storia e dell’esistenza.
Ah, il titolo del volume: Le notizie non sono delle migliori.
Michele Brancale