Domenica 11 Agosto 2024
MAURIZIO CUCCHI
Libri

Apollinaire. Nel suo Bestiario ci siamo noi

Estro letterario, divertimento, sottigliezza intellettuale. Il classico (con splendide tavole) curato da Rossi Precerutti.

Apollinaire. Nel suo Bestiario ci siamo noi

Estro letterario, divertimento, sottigliezza intellettuale. Il classico (con splendide tavole) curato da Rossi Precerutti.

Tornare ad Apollinaire è sempre, al tempo stesso, una felice conferma e una nuova sorpresa. Come è proprio dei veri classici, perché la loro parola acquista con il passare del tempo e il suo mutare, nuove possibilità di apertura e sempre ulteriore senso. Guillaume Apollinaire, nella sua breve vita (1880/1918), aveva saputo offrire prove diverse di piena originalità ed è ora disponibile una nuova traduzione della sua opera di esordio, Bestiaire ou Cortège d’Orphée, che era stata allora illustrata da Raoul Dufy, in un’epoca in cui poeti, artisti e musicisti erano ancora legati da rapporti stretti di ricerca e di amicizia. La versione del Bestiario, che viene ora proposta da Neos Edizioni, è a cura di Roberto Rossi Precerutti e si avvale e arricchisce di ventisei splendide tavole ad opera di Giorgio Enrico Bena.

Apollinaire è il nome d’arte di Guglielmo Alberto Wladimiro Alessandro Apollinare de Kostrowitzky, nato a Roma da due nobili: una polacca e un ufficiale borbonico originario dei Grigioni. Ancora giovanissimo si trasferì con la madre in Francia, prima sulla Costa Azzurra e poi a Parigi, già dal 1902, dove ebbe rapporti con artisti d’avanguardia e poeti, come Picasso, Ungaretti, Braque, Max Jacob. Frequentò gli ambienti del cubismo e sostenne il futurismo. Si arruolò volontario nella Prima Guerra mondiale e morì durante l’epidemia spagnola nel 1918.

Venendo al Bestiario, ne ricordiamo anche una traduzione di Giovanni Raboni del 1977, poi ripresa nel volume antologico Canzoni per le sirene, edito da Mondadori nel 2018. Ci troviamo di fronte a una serie di testi brevissimi (quattro o cinque versi), di immediata efficacia comunicativa, di raffinata lievità espressiva, resa ora con vitalità nella versione di Rossi Precerutti. Giostrando tra divertissement e sottile riflessione poetica, tra classicità e gioco medievale, Apollinaire perviene a esiti nei quali è anche presente l’idea poetica del simbolismo. Ci fornisce un elegante e fantasioso atlante zoologico, dove si incontrano suggestioni classiche e medioevali, nel movimento di un linguaggio e di uno stile in cui, appunto, l’antico si coniuga con le suggestioni d’avanguardia di inizio Novecento. Il poeta osserva, nei brevi scorci di questa raccolta, gli animali per meglio definire anche i caratteri vari dell’uomo.

Eccoci allora messi a contatto con la tartaruga o il cavallo, con la capra del Tibet o il serpente, con la medusa o il gufo, mentre non può certo mancare l’apparizione del gatto: "In casa mai dovrebbero mancare: / Una donna che sappia ragionare, / Un gatto fra i libri a gironzolare, / Poi amici in ogni tempo, perché / Senza quelli non c’è vita per me". Con la "solida concretezza delle scomposizioni cubiste" (Giovanni Raboni), ci avvicina anche al topo: "Topi del tempo, voi, liete giornate / Pian piano la mia vita rosicchiate. / Vado per i ventotto, oddio, / E mal vissuti, a modo mio" senza dimenticare il leone o la lepre.

Ma, come indicato dal titolo, compare più volte Orfeo, che ci rivolge anche questo invito: "Guardate questo brulicame infetto / Dove tutti han mille zampe e cent’occhi:/ Rotiferi, tarli, pidocchi / E microbi ben più perfetti / Delle sette meraviglie del mondo / E della magione di Rosemonde". Insomma, il Bestiario è un geniale esercizio che riesce ad accoppiare estro divertente e sottigliezza intellettuale, fantasia sbrigliata e sapienza letteraria, e che non può non indurci a proseguire nel viaggio attraverso le altre sue decisive opere, come Alcools e Calligrammes.