Domenica 18 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

Lezioni di Jane Campion: "Ho imparato più dai ’buu’ che dai trionfi agli Oscar"

La grande regista premiata con Pardo d’oro alla carriera si racconta "Io una pioniera? In realtà prima di me ci sono state Cavani e Wertmüller" .

Lezioni di Jane Campion: "Ho imparato più dai ’buu’ che dai trionfi agli Oscar"

La regista Jane Campion, 70 anni, premiata col Pardo d’oro d’onore a Locarno

È la regista di Un angelo alla mia tavola (’90), Lezioni di piano (’93), Il potere del cane (20121). Settant’anni compiuti da poco, ha vinto due volte la Palma d’oro a Cannes, e ha vinto un Oscar per la sceneggiatura di Lezioni di piano e uno per la regia del Potere del cane. Senza voler per forza fare classifiche, è probabilmente la più importante regista donna vivente. E uno dei più importanti creatori di cinema, a prescindere dal sesso, degli ultimi quarant’anni. E dimostra che il centro del cinema lo si può raggiungere da qualsiasi posto. Anche, per esempio, se nasci in Nuova Zelanda, come Jane Campion. "Sono nata a Wellington – ha raccontato al Festival di Locarno, dove è stata premiata con il Pardo d’oro d’onore alla carruera –, in una famiglia che apparteneva a un ordine religioso molto rigido, che imponeva di non vedere film o spettacoli teatrali. La passione per il cinema, per me, è nata tardi: prima ho iniziato a studiare antropologia, poi sono andata a Londra a proseguire gli studi. Tutti i neozelandesi vogliono andare via, prima o poi. E a Londra, da sola, mi ritrovai a vedere film quasi ogni pomeriggio. Vedevo film in continuazione: quello è stato il mio apprendistato".

"Stare con me stessa, in realtà, è sempre stata la mia scuola", dice. "Quando avevo undici anni, mi accadeva di ammalarmi spesso. Stavo a letto, da sola, per settimane. Così si è sviluppata la mia fantasia". Jane scopre, da giovanissima, che le piace raccontare storie. Poi viene il resto: imparare a raccontarle con le immagini. E trovare il suo stile, la sua voce, la sua libertà. "Quando ho girato i primi cortometraggi, io non sapevo che cosa fosse un campo lungo, non sapevo che si potessero usare obiettivi diversi per inquadrare la stessa scena. Quando ho capito che ogni istante imponeva delle scelte è stato l’inizio della mia agonia. Adesso so che c’è solo un momento, solo una luce, solo un obiettivo giusto per quella scena: e sento che, se perdo quella luce, quel momento, o se sbaglio l’obiettivo, tutto si rovina".

Una leggenda del cinema che parla soprattutto di timori, di ansie, e non dei propri successi. "Mi dicono sempre che sono stata una pioniera, la prima regista donna a vincere una Palma d’oro. Ma c’è chi è venuto prima di me: Liliana Cavani – il suo Portiere di notte ancora oggi è sontuosamente bello – e Lina Wertmüller. E sono ancora più contenta che ci sia una generazione di registe donne che si sono affermate: mi piace molto Justine Triet, la regista di Anatomia di una caduta, e Julia Ducourneau, la regista di Titane. È molto bello vedere che ci sono tante donne che fanno questo lavoro, e lo fanno bene".

Una carriera lunga, quella di Jane Campion, iniziata nel 1989, con il primo lungometraggio. Trentacinque anni di successi, ma non solo. "Le prime critiche negative, i primi buuu in sala sono stati una esperienza dolorosa. Ma anche necessaria. Ho imparato a pensare che la cosa davvero importante era rispettare la mia voce, la mia visione". E la sua visione ci ha dato un capolavoro come Lezioni di piano, il film che la ha consacrata, con la Palma d’oro a Cannes, storia di amour fou, violenza, musica, ostinazione. Una donna muta, che si esprime solo suonando il pianoforte, uomini violenti, tentativi di suicidio. Un piede che si impiglia in una fune, una gomena legata a un pianoforte che si sta inabissando. Immagini rimaste nella memoria del cinema. "L’incontro più sorprendente, prima di fare il film, è stato quello con Harvey Keitel, che ne sarebbe divenuto il protagonista. Un istinto mi diceva che era l’attore giusto, anche se aveva fatto film violenti, con Scorsese e con Tarantino. Parlando con lui, ho scoperto un femminista, un uomo che apprezza e rispetta molto le donne. Alla fine della nostra conversazione, mi ha chiesto in lacrime di dargli quel ruolo. Ma io, a quel punto, avevo già deciso che fosse suo".