Sarà, come scriveva Albert Camus, che «i miti sono fatti perché l’immaginazione li animi». E se Sting, a quasi quarant’anni dalla fine dei Police, continua ad affascinare fan di generazioni anche lontane fra loro è perché, evidentemente, ognuno lega alla sua icona immarcescibile ricordi, immagini e sensazioni personalissime. Impermeabili al trascorrere del tempo e delle mode come i brani che l’autore di Message in bottle sciorina sul palco in due ore di show.
Lunedì sera al Forum di Assago l’ennesimo sold out la conferma di un copione che si ripete da tempo sempre uguale: platea e spalti gremiti, pubblico assortito e entusiasta, clima da grande festa più che da concerto rock. Tutt’altro che poco per un artista che è in giro con lo stesso repertorio (salvo poche recenti modifiche alla scaletta) da circa quattro anni e che aveva calcato il Forum appena un anno fa. Merito, forse, del «My Songs Tour», costruito come una sorta di greatest hits live dove ciascuno, giovane o meno che sia, può trovare il suo brano preferito. Ma merito soprattutto dell’istrionico Sting, rimasto fedele alla sua immagine e alle sue sonorità, come il pubblico si aspetta che sia, ogni volta che sale sul palco.
Gordon Matthew Thomas Sumner non si sogna di tradire le aspettative dei fedelissimi. Non lesina sorrisi e gesti d’affetto e non si risparmia se si tratta di scavare nel baule dei tesori. Englishman in New York, Every Little Thing She Does Is Magic, If You Love Somebody Set Them Free, Spirits in the Material World, The Hounds of Winter, If I Ever Lose My Faith in You, Fields of Gold, Brand New Day sfilano come perle di un’unica, brillante collana dove brani dei Police e pezzi del repertorio solista si mescolano in grande armonia. A Sting, in Italia di casa letteralmente, è concesso tutto. Anche di portare sul palco il figlio Joe e di duettare in italiano con Giordana Angi. E dopo 314 repliche, lo show continua il suo giro, anche in Italia. D’altronde nessuno chiede all’ex Police di reinventarsi. Figuriamoci di cambiare scaletta.