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In passerella la collezione firmata dal team interno della Maison. Aspettando l’annuncio di chi prenderà il posto di Sabato De Sarno
Dal “rosso Ancora“ lanciato da Sabato De Sarno al verde profondo emblema del fondatore Guccio Gucci, Gucci ha aperto la Milano Fashion Week con una sfilata che si pone come “continuum“ nella storia del brand, dopo la rottura con il direttore creativo che aveva preso il posto di Alessandro Michele e in attesa della nomina di un nuovo designer. Ieri, a bordo passerella, tante voci ma nessuna risposta su chi arriverà a prendere il posto di De Sarno, il cui addio è stato comunicato appena lo scorso 6 febbraio, a meno di venti giorni dalla sfilata cui oggi hanno preso parte ospiti come Jannick Sinner, Jessica Chastain, Julia Garner, Xavier Dolan, e ad ancora meno distanza dalla presentazione dei dati finanziari, che hanno rivelato un calo di fatturato del 23% per il brand di punta del colosso francese del lusso Kering.
Ora l’attesa è per chi sarà chiamato a risollevare i destini del marchio, dove a gennaio è arrivato come ceo Stefano Cantino: "Gucci è nato nel 1921, e noi celebriamo questi cento e passa anni di storia. Gucci non è solo il momento, è molto di più" dice appena prima dello show, che si pone appunto nel segno della continuità con la centenaria storia del brand. Le collezioni uomo e donna disegnate dal team creativo interno sfilano infatti in un set verde profondo e gli addetti dell’ufficio stile escono tutti con una felpa dello stesso colore a fine sfilata, a prendersi gli applausi del pubblico per la collezione autunno/inverno 2025, che mette insieme i codici del marchio e i momenti che ne hanno fatto la storia, tenendo tutto insieme con un morsetto, l’iconico horsebit che è uno dei segni più riconoscibili della maison fiorentina.
Permeata da quella tipica studiata disinvoltura, la collezione unisce rigore sartoriale e fluidità, mentre le silhouette abbracciano varie epoche, in una sintesi che parte dalla fine degli anni ‘60 – gli albori del ready-to-wear Gucci – per arrivare al minimalismo della metà degli anni ‘90 e al più recente ultra-massimalismo. Lui indossa completi monocolore e cappotti di tweed dalle spalle over, pantaloni con lo spacco alla caviglia, cardigan di mohair e bluse a lupetto. Lei invece sul body in pizzo dai colori accesi mette il trench-pelliccia e indossa solo gonne al ginocchio e alti sabot a punta, con accessori come cappellino e foulard annodato in testa da diva. Ama le longuette ricamate e i twin set, ma anche i leggings con il logo ricamato.
Ed è un abbraccio che vale più di qualsiasi parola quello tra Alberta Ferretti e Lorenzo Serafini, che alla fine della prima sfilata da direttore creativo del brand, sempre ieri a Milano, è corso a salutare la stilista che lo ha creato dandogli il suo nome. La stessa che lo aveva già voluto al suo fianco 10 anni fa, quando lo chiamò nel gruppo Aeffe, da lei fondato insieme al fratello Massimo, come direttore creativo di Philosophy. "Oggi per me inizia una nuova avventura per cui devo ringraziare Alberta. Anche mentre preparavo questa collezione di debutto – ha raccontato Serafini prima della sfilata – non mi ha voluto influenzare in alcun modo, lasciandomi piena libertà".
Per la sua prima sfilata dalla nomina alla direzione creativa, avvenuta lo scorso ottobre, un mese dopo che Alberta Ferretti ha annunciato il suo ritiro, Lorenzo ha scelto come set palazzo Donizetti, sede milanese della maison. Un omaggio alla fondatrice, seduta a bordo passerella, e un ponte con il passato, ma senza nostalgia. Più che uno stile, Serafini racconta infatti di aver cercato di interpretare un messaggio, quello che da sempre Alberta Ferretti – oggi vicepresidente del gruppo Aeffe – ha rivolto alle sue clienti, da donna a donna, invitandole a non trascurare la propria parte più delicata, anche in un mondo dominato da regole maschili. Oggi Lorenzo fa suo quel credo con una collezione dedicata alle “progressive romantics“, "le donne che combattono per la loro indipendenza – spiega – senza rinunciare alla parte emotiva e romantica" e, ovviamente, allo chiffon, il tessuto per antonomasia di Alberta.
Infine, da Iceberg celebrazione della maglieria fatta a mano con la collezione disegnata dal direttore creativo James Long.