
Los Angeles, un leone marino avvelenato da acido domoico (Epa via Ansa)
Roma, 7 aprile 2025 – I leoni marini nella costa meridionale della California stanno attaccando i bagnanti. Creature generalmente amichevoli e curiose, ora si aggirano nelle acque californiane e terrorizzano le persone. Gli esperti ipotizzano che la causa sia un’intossicazione da acido domoico provocata dalla fioritura di alghe tossiche, che sta colpendo duramente anche delfini e altri mammiferi marini.
Gli attacchi
Phoebe Beltran, una quindicenne di Long Island, è l’ultima di una serie di vittime aggredite da un’otaria (leone marino). La ragazzina ha raccontato di essere stata ferita mentre nuotava nelle acque californiane durante l’esame per diventare bagnina. Fortunatamente, non ha riportato lesioni gravi se non qualche morso e dei lividi. Appena qualche giorno prima, c’era stato un altro attacco ai danni di un surfista, che ha ammesso di essere rimasto “traumatizzato”. “Aveva un’espressione selvaggia, quasi demoniaca, priva della curiosità e della giocosità che avevo sempre associato ai leoni marini" ha scritto su Facebook il giovane, che sostiene di aver visto l’animale seguirlo poi fino a riva.
Un comportamento inusuale quello dei leoni marini, conosciuti per essere particolarmente amichevoli e curiosi, e che sarebbe dovuto a un’intossicazione da acido domoico. “Quando la tossina entra in circolo, impazziscono completamente – ha commentato alla Cnn John Warner, direttore del Marine Mammal Care Center di Los Angeles –. Sono spaventati e disorientati. Non capiscono dove si trovino”.
Il centro riceve in genere dalle 3.000 alle 4.000 chiamate all'anno per animali malati e abbandonati. Ma solo nelle ultime cinque settimane, ci sono state più di 2.000 chiamate di segnalazione per leoni marini e delfini apparentemente colpiti dalla tossina.
Cos’è l’acido domoico e perché c’entra l’uomo
Lungo le coste della California meridionale, l’oceano sta cambiando. Tra fenomeni naturali e pressioni antropiche, le fioriture algali stanno ridefinendo l’equilibrio del Pacifico. Al centro di questa trasformazione c’è una tossina naturale: l’acido domoico. Prodotto da alcune microalghe, entra nella catena alimentare marina attraverso un processo naturale chiamato upwelling, ovvero la risalita delle acque fredde e profonde, spinte in superficie dai venti costieri. Ma con esse salgono anche nutrienti accumulati nei sedimenti del fondale oceanico, che alimentano il fitoplancton, base dell’alimentazione per pesci, uccelli marini e mammiferi come le balene. Il fenomeno, di per sé naturale, viene alimentato dalle attività umane. Il riscaldamento globale sta alterando la temperatura e l’acidità delle acque superficiali, creando condizioni ideali per la proliferazione di queste alghe tossiche. Per di più i fertilizzanti azotati usati in agricoltura finiscono nei fiumi e vengono trasportati fino all’oceano, offrendo ulteriore nutrimento a queste microalghe, che si moltiplicano in modo incontrollato. Il risultato è un numero crescente di fioriture che mettono a rischio non solo la fauna marina, ma anche la sicurezza alimentare e la salute pubblica. Una dinamica complessa, che mette in evidenza quanto sia sottile l’equilibrio tra i processi naturali e l’intervento umano, e quanto profondamente le nostre scelte possano incidere sugli ecosistemi, anche quelli che sembrano lontani.