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Laura sfida Pausini: "Mi rimetto alla prova"
Come il celebre immobiliarista della pubblicità, presentando ieri a Milano il nuovo album Anime parallele Laura Pausini ha giurato di non vendere sogni, ma solide realtà. E, per far seguire i fatti alle parole, l’ugola di Solarolo s’è costruita attorno un “pop up store” affacciato su piazza San Babila in cui festeggiare questa dodicesima fatica discografica. Cinque anni dopo Fatti sentire, c’era bisogno di guardarsi attorno e allungare lo sguardo verso orizzonti nuovi come quella Cos’è, “power ballad” firmata da Alessandro la Cava e Franco 126 che, grazie anche alla produzione di Michelangelo, la mostra sotto una luce nuova. Piacerà? Intanto però ci pensano le firme di autori storici come Biagio Antonacci, Cheope, Danijel Vuletic, Niccolò Agliardi a tranquillizzare i fans di sempre. E nuovi ne porteranno (si spera) autori come Tommaso Paradiso, Michele Bravi, Federica Abbate. I dati di classifica dei primi singoli – Un buon inizio, Il primo passo sulla luna, Durare – dicono che Laura oggi gioca un altro campionato rispetto ai divi del rap e sta lì la sua peculiarità, come dimostra il lungo tour nei palasport al via da Rimini l’8 dicembre che la porterà fino al Madison Square Garden.
Laura, come nasce Anime parallele?
"Si tratta di un disco che ho immaginato due anni fa come raccolta di 16 stati d’animo diversi, rappresentati graficamente nell’artwork della copertina con 16 persone e 16 oggetti diversi (18 nell’edizione deluxe - ndr). Ho pensato di uscire dal mio corpo e osservarmi dall’alto".
Perché?
"Durante la pandemia abbiamo avuto tutti molto tempo, molto spazio per porci le domande che avevamo rimandato. Chiusi in casa eravamo tutti uguali, animali in gabbia, poi, riaperti i ‘cancelli’, siamo tornati ad allontanarci gli uni dagli altri. Anime parallele, appunto, ma omologate per paura di essere escluse".
In Dimora natura c’è sua figlia Paola.
"Volevo farle una sorpresa e, invece, un giorno me la sono trovata in studio. Paola mi ha chiesto per chi fosse quel pezzo e le ho risposto che era per lei, così ha voluto cantarlo tenendomi la mano. Per una come me, che spera tanto sua figlia scelga un altro mestiere rispetto al suo, ha del paradossale averle risposto di sì. Ma continuo ad augurarmi che diventi architetto".
A parte il cameo familiare, niente duetti.
"No, dovevo mettermi alla prova con me stessa".
Come mai?
"Perché spesso non mi sento all’altezza della mia carriera. Questo mi rende molto esigente. Sul palco come nei dischi ho bisogno di restituire a chi mi ascolta l’amore che ha reso possibile tutto questo. Alcuni pensano che abbia sempre 18 anni come a Sanremo, ma il prossimo maggio ne faccio 50".
Flashback si porta dietro una storia di violenze familiari.
"Quelle patite da una mia fan, Alessia Pizzuti, che nomino solo perché le ha raccontate da poco in un libro (L’Eco della tua voce - ndr). Quindici anni fa mi chiamò in radio per chiedere aiuto, confidandomi di essere vittima di abusi da parte del padre. Nel volume dice che sono quella Luce che l’ha aiutata a credere ancora nella vita. Ora è libera e madre di due figli, ma il passato non si cancella".
Parlando di santi, tra San Remo e San Siro com’è messa?
"Durante il Festival sarò in tour all’estero... Quanto a San Siro, me l’avevano proposto, ma alla fine ho preferito i palasport".