"Una follia" devono avergli ripetuto in coro amici e conoscenti, convinti che, insomma, mettere soldi ed energie in un borgo cinquecentesco in rovina non fosse propriamente un affare e nemmeno un investimento oculato. Superficiali. Non avevano intuito che il 26enne Alessandro Bianchi avesse il dono di mettere insieme l’idealismo giovanile (aveva solo 26 anni), il senso pratico dei bresciani e lo spirito pionieristico di chi voleva prendersi cura di quella struggente tenuta agricola per darle una seconda vita. Altra epoca e altra Italia. Ma la storia di questo vigneron è diventata una delle parabole più esemplari nella terra eletta delle bollicine. E se da allora il tempo si è messo a correre, a Monticelli Brusati l’ha fatto con garbo rispettando la storia di ’Villa Franciacorta’, azienda virtuosa ai piedi del Colle della Madonna, di quelle – rare – che si rivelano capaci di esorcizzare con lungimiranza la caducità, produttiva e motivazionale, che spesso incombe sul settore vitivinicolo.
E l’arcano sta forse nelle parole che Roberta Bianchi, figlia di papà Alessandro, ama spesso ripetere da donna visionaria ma anche pragmatica qual è, rivelando una forte personalità imprenditoriale anche senza scomodare la tesi darwiniana "resiste non chi è più forte ma chi dimostra di sapere adattarsi al cambiamento". Resilienza operativa e mentale. Che non ha comunque sfiancato le energie di questa maison tentacolare di un centinaio di ettari (vitati per il 46%) che si rivela tra la residenza padronale, le vecchie dimore dei fattori e l’antica strada romana lungo il torrente Crosette. Merito, va detto, dell’approccio sostenibile ma anche olistico della famiglia Bianchi, decisa a ridurre al minimo l’impatto visivo della cantina interamente scavata sotto la collina, a sua volta rivestita da vigne terrazzate; e dove anche le scelte vengono fatte in purezza: vinificazione solo con uve di proprietà, produzione unicamente di Millesimati e viticoltura rigorosamente bio. Con l’aggiunta di affinamenti lunghi perché il timing è un importante alleato. E senza dimenticare il remuage, ovvero il riposizionamento delle bottiglie, eseguito giornalmente a mano. Certo, qui il vino conta ma non è un sovrano arrogante. Al contrario, l’imprinting è e resta quello di sempre, già indicato da papà Alessandro e alimentato in modo quasi religioso dalla signora Roberta, dal marito Paolo Pizziol e dai figli Alessio e Matteo impegnati anche loro ad aggiungere energia a quella che già abbonda a ’Villa Franciacorta’.
Perché un luogo di rigenerazione non può che offrire un’hospitality più emozionale che ingessata. E infatti, la sensazione di trovarsi in un vero borgo rurale è palpabile curiosando tra le 22 camere dell’agriturismo ’Villa Gradoni Charme&Relax’; passeggiando tra le ambientazioni green; e accomodandosi al ristorante Éla ricavato nelle antiche scuderie, omaggio alle locande del passato dove gli ingredienti erano essenzialmente locali e le preparazioni erano quelle ’contadine’, povere ma per nulla dozzinali. Elementi rintracciabili nell cucina territoriale di Andrea Marenzi e nei suoi piatti più iconici come i tradizionali casoncelli, i risotti al vino e alla liquirizia e il ’manzo all’olio’ che da queste parti è un dogma gastronomico. La catarsi? È ovviamente in cantina dove il silenzio quasi monacale rende speciale la degustazione dei Millesimati che compongono la cifra stilistica di Villa Franciacorta.
Come il Brut Emozione 2020; l’Extra Brut RNA; e il Rosé Bokè 2020 dai profumi di agrume rosso e mandarino, salutato dalla Guida Veronelli 2025 come "sontuoso e pronto ad accogliere i cento abbinamenti a cui vorrete associarlo". Commento quasi metaforico. Nell’antico borgo della Franciacorta dove anche il tempo è indulgente, si brinda alla vita. E all’anno che verrà.
Paolo Galliani