Sabato 28 Settembre 2024
GIUSEPPE DI MATTEO
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L’altra poesia di Caproni: maestro di scuola

Presentati a Pordenonelegge i “Registri“ con le note che rivelano la sua missione: "Più di insegnare a scrivere si tratta di insegnare a pensare"

L’altra poesia di Caproni: maestro di scuola

L’altra poesia di Caproni: maestro di scuola

Lo conosciamo come poeta, (Livorno, 8 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), monumento del ‘900 italiano e non solo, era anche un formidabile maestro elementare, mestiere che esercitò dagli anni ‘30 agli anni ‘70 lasciando tracce indimenticabili di sé in Liguria e Roma, dove insegnò in due scuole elementari: la ‘Giovanni Pascoli’ e la ‘Francesco Crispi’. Un "poeta minatore": così Giorgio Caproni amava definire se stesso per via del suo ossessivo operare sul linguaggio. Un’arma che adoperò non solo per ricamare i suoi versi ma anche tra i banchi di scuola, forgiando nuove menti a cavallo di epoche diverse (il Fascismo, la Guerra, la Ricostruzione, il Boom economico, la Crisi energetica dei ’70). E di cui sappiamo molto di più grazie a Nina Quarenghi, che nell’anima più delicata di Caproni è andata a scavare tirando fuori dal cassetto impolverato della memoria la fonte primaria del suo pensiero meno noto, vale a dire i quaderni (oggigiorno elettronici) sui quali gli insegnanti sono soliti annotare il proprio lavoro.

Registri di classe. 1935-1973, edito da Garzanti e di cui Quarenghi è la curatrice, sarà presentato domani mattina alle 11, in prima assoluta, alla libreria della Poesia (Palazzo Gregoris) di Pordenone in occasione del festival letterario Pordenonelegge. E a cinquant’anni dall’addio di Caproni al mondo della scuola (lasciò nel ‘73 dopo 38 anni di insegnamento), i Registri, come era già accaduto a Terra matta di Vincenzo Rabito, si propongono come "un manuale involontario e miracoloso", per dirla con Camilleri, di storia italiana. "Aprendo i registri scolastici di Giorgio Caproni siamo insomma nella situazione in cui si trova chi entra in una caverna inesplorata e inciampa in pietre preziose e pepite d’oro", scrive Quarenghi. E non le si può dare torto.

Caproni era un insegnante molto più moderno rispetto al suo tempo e proponeva metodi innovativi che oggi rientrerebbero a pieno titolo nella cosiddetta “didattica inclusiva”. Uno di questi è incorniciato dal succoso aneddoto del trenino elettrico, con cui il maestro amava giocare. Ogni bambino aveva una funzione diversa: chi faceva il capotreno, chi il bigliettaio, chi il capostazione. Il treno prevedeva un certo numero di stazioni che simboleggiavano le materie prescelte. E i bambini partecipavano con dedizione, come se si trovassero all’interno di un’officina. "Più di insegnare a scrivere correttamente, si tratta di insegnare a pensare, cioè a formare e a coordinare le idee, i pensieri", annota il maestro e poeta in un registro degli anni ‘50.

Ma Caproni era anche un uomo divorato dal tarlo del dubbio. "È questa la forza di ogni insegnante che si rispetti – sottolinea Quarenghi –, ma di lui mi ha colpito soprattutto la grande umanità. Durante gli anni più difficili, quelli della Ricostruzione, ha accolto nelle sue classi tanti bambini sfollati o figli di nessuno, dandogli una chance". Un altro don Milani, ma più schivo, tanto da mantenere nettamente separata l’attività di maestro da quella poetica, sebbene, soprattutto a partire dagli anni ’50, la seconda avesse cominciato a farsi sentire, anche a mezzo di riconoscimenti prestigiosi come il Premio Viareggio (che vinse nel ’52 e nel ’59).

"Caproni non ha mai parlato del suo lavoro di insegnante perché lo riteneva non “poeticizzabile”", precisa Quarenghi. E tuttavia si ricavano ben altre impressioni analizzando i Registri. La poesia è dappertutto: nel rapporto di Caproni con i suoi alunni e nell’idea, ribadita in numerose interviste, che il poeta "dev’esser libero, com’è, appunto, libero il bambino". Una cosa è certa: Caproni era molto amato dai suoi studenti, e a dirlo sono proprio loro in numerose testimonianze che Quarenghi riporta fedelmente. E il nostro grazie va alla curatrice dei Registri per averci restituito il maestro, il poeta e, soprattutto, l’uomo.