L’abemaciclib garantisce più di cinque anni di sopravvivenza in presenza di tumore al seno metastatico. Quindi la possibilità di sopravvivenza globale (OS) di 13,1 mesi nelle donne con carcinoma mammario metastatico HR+, HER2- trattate con abemaciclib associato a un inibitore di aromatasi. E nelle donne con metastasi limitata alla zona viscerale che presentano più rischi nella progressione di malattia e morte, il prolungamento della OS è stato di 14,9 mesi.
Sono i risultati cui è giunto lo studio Monarch 3, presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium e basato su un follow up a otto anni. Abemaciclib, inibitore di CDK4/6, in combinazione con la terapia ormonale in prima linea ha dunque dato esiti clinici lusinghieri. Il Monarch 3 ha valutato abemaciclib in combinazione con un inibitore dell’aromatasi (AI) rispetto al solo AI come terapia endocrina iniziale nelle pazienti in post- menopausa con tumore del seno avanzato o metastatico positivo al ricettore ormonale (HR+), negativo al recettore del fattore di crescita umano epidermico di tipo 2 (HER2-). "Quando la storia naturale del carcinoma inizia ad avere un impatto sostanziale sulla sopravvivenza delle pazienti, è molto incoraggiante vedere che abemaciclib insieme a un inibitore dell’aromatasi, ha prodotto una differenza di sopravvivenza di 13 mesi nella popolazione ITT e di oltre 14 mesi nelle donne a rischio ancora più elevato a causa della malattia viscerale", dice Lucia Del Mastro, professore Ordinario e Direttore di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova. "Nonostante la mancanza di significatività statistica, questi dati sono clinicamente rilevanti e altamente coerenti con l’insieme delle evidenze relative ad abemaciclib nel carcinoma mammario avanzato o metastatico". Afferma inoltre Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli: "Una mediana di sopravvivenza di 5,5 anni significa che metà delle donne vive più di 5 anni e mezzo. Gli inibitori di CDK4/6, inoltre, permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità".
"In Italia vivono circa 52mila persone con tumore, numero in costante aumento – spiega Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom –. Queste pazienti devono essere seguite da un team multidisciplinare, cioè dai centri di senologia, in grado soddisfare il loro bisogno di cura globale. Le terapie ormonali sono usate per il trattamento del carcinoma dal recettore per gli estrogeni. Tuttavia, queste pazienti sviluppano spesso resistenza alle terapie ormonali oggi disponibili".