Roma, 3 dicembre 2024 – L’aveva fortemente voluta l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. L’ha invece inaugurata il suo successore, Alessandro Giuli, ieri, nell’ottantesimo anniversario della morte di Filippo Tommaso Marinetti, autore nel 1909 del Manifesto del Futurismo. Una mostra, Il Tempo del Futurismo (tutte maiuscole della comunicazione ufficiale), alla Galleria nazionale d’arte moderna, che sembrava dovesse essere la mostra simbolo della destra al governo, pensata per valorizzare un movimento che esaltava la guerra (e Boccioni morì nella prima guerra mondiale, arruolatosi come volontario) e per un periodo è stato vicino al fascismo, ma è comunque stato il più importante e influente movimento d’avanguardia italiano.
Un cammino accidentato, quello di questa mostra. "C’è stata qualche iniziale sofferenza ma si è arrivati a realizzare una mostra di caratura internazionale. Una mostra immensa per quantità e qualità delle opere. Dubito che si potesse fare di meglio", ha detto il ministro Giuli, annunciando anche la prossima riapertura di ‘Casa Balla’.
La mostra, curata da Gabriele Simongini e aperta fino al 28 febbraio 2025, vuole differenziarsi dalle altre pure importanti dedicate al futurismo, concentrando l’attenzione sul rapporto tra arte e scienza/tecnologia e illustrare, come sottolinea Simongini, "quel completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche, posto alla base del futurismo".
Oltre 350 opere fra quadri, sculture, disegni, oggetti d’arredo, film, oltre a un centinaio tra libri e manifesti, esposti in ventisei sale per totali quattromila metri quadri, grazie a importanti prestiti, anche dall’estero, ma valorizzando soprattutto quel centinaio di opere conservate nei depositi della Gnam e raramente esposte.
E ancora una copia perfetta a grandezza naturale di uno sfolgorante idrovolante da corsa Macchi Castoldi Mc 72, motociclette, auto, per ricordare quella esaltazione da parte dei futuristi della "bellezza della velocità". Oltre a quelle dei cinque fondatori, Balla, Boccioni, Severini, Carrà, Russolo, anche opere di Enrico Prampolini e Fortunato Depero.
Spiega Simongini: "Nello spirito della mostra c’è il riferimento a quanto diceva Marinetti di coinvolgere i giovani e quindi ha come suo primo obiettivo il coinvolgimento dei giovani, per far capire quanto il futurismo ha influenzato anche la contemporaneità. È una mostra non per addetti ai lavori, non polverosa e accademica ma di stati d’animo, che si rivolge all’appassionato bibliofilo come al bambino".
E sul rapporto tra futurismo e fascismo dice: "Sono indicati i momenti del rapporto, a volte contraddittorio, tra Marinetti e il fascismo. In realtà, più un rapporto personale tra Marinetti e Mussolini. Ci sono quadri in cui si vede il legame tra futurismo e fascismo: non si nega nulla della storia, bisogna accettarla per quello che è stata. Ci sono esposti anche alcuni manifesti che qualcuno troverà di propaganda. Ma era il clima dell’epoca". E conclude: "Sono orgoglioso di avere realizzato, dopo due anni di sofferenze, questa mostra che dovrebbe essere motivo di vanto e di coesione per la nazione e non motivo di divisioni ideologiche. Legare il futurismo alla destra sarebbe ingiusto nei confronti di artisti così grandi e geniali. Il futurismo è di tutti gli italiani, un orgoglio della creatività italiana nel mondo, e la mostra non ha alcun intento ideologico o politico".