Lunedì 25 Novembre 2024
SILVIA ANTENUCCI
Magazine

La rivolta è femminile, parola di Carla Lonzi

Tornano in libreria i saggi dell’attivista e pensatrice fiorentina. In “Taci, anzi parla“ il diario del primo, rivoluzionario femminismo

La rivolta è femminile, parola di Carla Lonzi

Carla Lonzi (1931-1982) fu fra le ideatrici del Manifesto di Rivolta Femminile del 1970

Quando lo psichiatra Raffaele Morelli provò a zittire Michela Murgia con un padronale "Stai zitta, taci!", affiorò immediatamente alle labbra di molte donne un forte e chiaro: "Anzi parla". Automatica reminiscenza ed eco di consapevolezze acquisite grazie all’impegno e alle opere di Carla Lonzi.

Taci, anzi parla (uscito nel 1978) è il titolo del diario composto dalla saggista, critica d’arte e attivista fiorentina tra il 1972 e il 1977, gli anni dell’autocoscienza e della ricerca di autenticità, che iniziava a mostrarsi nei precedenti testi pubblicati nella collana “Libretti verdi“ per la casa editrice fondata dalla stessa Lonzi, Scritti di Rivolta Femminile. Esiste forse un gesto più radicale dell’aprire una casa editrice per dare spazio alle riflessioni delle donne su se stesse? Oltretutto, in un momento storico nel quale ogni essere di sesso femminile non aveva voce a causa di quello che, si scoprì poi, era il mostro del patriarcato che si aggirava non solo in Europa ma in tutto il mondo.

Un gesto più radicale, in effetti, ci fu: ri-unirsi tra donne – "Il rapporto di una donna con la sua simile non rientra tra le forme di rapporto volute e pensate collettivamente" – formando un gruppo, “Rivolta Femminile“, il cui nucleo iniziale comprendeva Lonzi, la pittrice Carla Accardi ed Elvira Banotti (colei che contestò pubblicamente Indro Montanelli per il fatto di avere preso come momentanea “sposa“, nel 1935, una ragazzina abissina di dodici anni); praticare l’autocoscienza, dotarsi di un Manifesto di Rivolta Femminile (pubblicato nel 1970) e far fare tabula rasa della cultura dominante agli albori di quel femminismo che sancì "di fatto la nascita della donna come soggetto".

In un orizzonte popolato di filosofi, studiosi e debordante di logiche e regole dettate dal maschile e mai messe in discussione, con Lonzi si affacciava una donna che non era né ancella né martire né santa né reietta (i modelli femminili che hanno abitato per secoli fiabe e narrazioni). Che incitava a sputare su Hegel, Freud e Marx (Sputiamo su Hegel fu un saggio dirompente, uscito nel 1970) – "Chiediamo referenze di millennio di pensiero filosofico che ha teorizzato l’inferiorità della donna" : e rifletteva su di sé seduta sulle spalle di gigantesse come Virginia Woolf, Silvia Plath e Simone De Beauvoir.

Lonzi non lottò per l’uguaglianza con gli uomini ma per il riconoscimento della differenza femminile: "La differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia. Approfittiamo della differenza". Il concetto stesso di uguaglianza le fu sospetto: "L’uguaglianza è quanto si offre ai colonizzati sul piano delle leggi e dei diritti". Combatté per permettere alla libertà e all’autenticità femminile di svelarsi. Il diario del ’78 è pervaso da questo ideale: "L’autenticità è qualcosa di cui vado fiera, e la sicurezza di me mi viene dal non averla mai abbandonata per dei valori proposti (…), si è rivoluzionari solo se si è se stessi". Perseguirlo la portò a dolorose separazioni: da Accardi e dal compagno e artista Pietro Consagra, quest’ultima riferita nel documento sull’inconciliabilità tra due individui-simbolo di due culture che è Vai pure. Dialoghi con Pietro Consagra, uscito nel 1980.

Taci, anzi parla – tornato in libreria (a cura di Annarosa Buttarelli) come gli altri libri di Lonzi grazie alla casa editrice La Tartaruga – è il monumentale sforzo di rompere i lacci, significarsi liberamente – "Io non ho che me stessa, perciò posso solo essere autentica" – ed esprime l’urgenza "di tirare fuori tutto il mio dissenso sull’immagine in cui mi sentivo costretta ad essere vista dagli altri: inespressa e felice di rappresentare qualcosa, non me stessa".

La scrittura di Lonzi, autocoscienziale, trasformativa, è quindi politica: "La difficoltà ad esporsi scrivendo liberamente di sé (…) è ciò che di fatto ha scoraggiato ed infine fatto tacere le donne", quindi esse "non sono state registrate come esistenti: la loro vita, le loro voci si sono perse nel nulla".

Radicarsi nell’autenticità insieme alle altre, scrivere, rifiutare scorciatoie sono le pratiche che fanno per Lonzi, nel preciso senso della parola, la differenza. Ontologica, irriducibile. Ecco allora il femminismo, che inizia quando "la donna cerca la risonanza di sé nell’autenticità di un’altra donna, perché capisce che l’unico modo di ritrovare se stessa è nella sua specie". Ecco allora la consapevolezza, la possibilità di esserci dove "non è più una colpa parteggiate per me stessa".