
Molti vincenti annunciati, pochi veri perdenti e il grande peso delle apparenze. Lucio Corsi incarna l’utopia di un’Italia non cattiva, la rivelazione è Joan Thiele.
Se la terra fosse piatta e sdraiata sulle charts Olly, il signore dello streaming, del baffetto e dei bicipiti da rugbista, avrebbe vinto a tavolino con Balorda nostalgia. Invece è successo davvero ed è una relativa sorpresa. Prima non era impossibile pensare che Giorgia, Fedez, Olly, Cristicchi, Lauro e Corsi sarebbero arrivati alla volata finale, con Fedez e Olly in rimonta, Cristicchi sembrava staccato nelle charts, sorpassato su Youtube, meno forte nelle sale stampa. Sembrava, ma non è andata così.
Un’unica certezza, Giorgia, nei cuori di chi ha visto i festival, chi ama le supervoci, stimata da tutti, a casa e in sala stampa. Presente comunque alta nelle charts. Rimaneva solo l’incognita di quel mondo che guarda la tv, Raiuno e il Festival, senza essere particolarmente connesso con la musica, estraneo alle fan base. L’altro indizio coperto era la classifica del primo giorno, solo stampa e online, dove non c’erano Fedez e Olly, perché quest’anno tutti portano i loro voti fino alla fine.
Due sono le sorprese del festival, Fedez e Lucio Corsi, entrambi per meccanismi che è interessante analizzare. Poi c’è la consacrazione del simpatico Olly, re di Sportify e del quarto tempo rugbistico sanremese, più cuoricini di Coma Cose. É indubbio che Fedez abbia rincorso forte da dietro, nel televoto, nello streaming e nei consensi più ondivaghi delle sale stampa, si sente per radio, se ne parla sempre ovunque in una campagna che ha pochi precedenti, che poco ha a che fare con la sua canzone, la meglio delle ultime, superprodotta, rap, pop, dance, classica, che ricorda l’architettura eclettica del primo Novecento. Il suo hype, ai minimi, in una settimana si è capovolto come una barca a vela costruita bene, senz’albero ma funziona e la chiglia taglia. Ha colpito la durezza del suo disagio, del suo odio, una verità di cui tutti conoscono i dettagli perché l’arma più letale di questo Sanremo non è la musica ma il gossip usato come catalizzatore di consensi e arma impropria (ne sa qualcosa Cristicchi). Ma chi è arrivato a velocità doppia da dietro nello storico del festival si è quasi sempre fermato al secondo, quindi possiamo parlare di un’impresa.
Poi Lucio Corsi è molto di più di una rivelazione, è la voce, il volto e il pensiero di un’altra Italia rispetto a quella dei social cattivi, come il colesterolo. Una storia in grado di cantare, interagire, connettersi con nuovi linguaggi (vedi il suo video). Ha rappresentato l’utopia da abbracciare. Ai margini la banale e noiosa complessità multimediale di una tv che non è stata per nulla neutra, autoalimentandosi con opinionisti, gossip, influencer, il lato moda (importante sul palco come ai Grammy e agli Oscar). Lato musica poco. Un mondo che ha avuto i suoi perdenti, vedi Tony Effe, chi se l’è cavata con una certa eleganza, Achille Lauro, con la patente C del bravo cantautore, Brunori Sas. Chi è stata la rivelazione davvero, come Joan Thiele. O la riconferma, la factory di hit intelligenti e ironici, Coma _ Cose. Di altro parleremo domani. Si poteva restare a venti.