di Gabriele
Moroni
Si ammazza anche per niente. È la Milano con una media anche di 150 omicidi all’anno, a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta. Gli otto caduti al ristorante "La Strega" di Moncucco (novembre 1979) e la strage del Lorenteggio (quattro morti nel 1981) sono gli esempi più noti di una scia di sangue che non risparmia il centro, perché si spara, ci si insegue, si uccide anche in via Larga, in piazza Diaz. Si traffica nella droga e si rapiscono i rampolli della Milano con i "dané". L’ascesa dei siciliani di Luciano Liggio e i primi arrivi dei calabresi in posti che devono ancora inurbarsi e si chiamano Cesano Boscone, Buccinasco, Corsico, Trezzano sul Naviglio. Tre "re" a contendersi, spartirsi, talvolta a condividere il potere: Angelo Epaminonda, Francis Turatello, Renato Vallanzasca.
La Mala. Banditi a Milano è la nuova docu-serie Sky Original, prodotta da Sky e Mia Film, in collaborazione con Seriously. È stata scritta da Salvatore Garzillo (che ogni giorno segue per il nostro giornale la guerra in Ucraina), Chiara Battistini e Paolo Bernardelli e diretta da Chiara Battistini e Paolo Bernardelli. Tutti i cinque episodi saranno da domani su Sky Documentaries dalle 19.10, in streaming su Now e disponibili on demand.
Negli anni Settanta i gruppi organizzati, le strutture piramidali, un capo, un quadrato di luogotenenti, una forza paramilitare, prendono il posto delle vecchie bande. Nel momento in cui viene arrestato, nel 1978, Francis Turatello, “Faccia d’angelo“, è al comando di oltre cento uomini, che controllano sequestri di persona, night, bische, prostituzione, ma non il narcotraffico, su cui si sono già allungati i tentacoli della mafia, affarista quanto preveggente.
A contrastare Turatello un giovanotto cresciuto fra via Porpora e il Giambellino, fra il carcere minorile Beccaria e San Vittore. Renato Vallanzasca fa la guerra a Turatello prima che i due si scoprano amici al punto che “Faccia d’angelo“ sarà il compare d’anello di “Renatino“. Per sette mesi, dal luglio del ‘76 al gennaio dell’anno dopo, il René della Comasina terrorizza la metropoli con rapimenti e rapine.
Una volta blindato Turatello, nelle strade milanesi si insedia un nuovo signore: Angelo Epaminonda, detto il Tebano, catanese trapiantato da bambino a Cesano Maderno. Partito come croupier di Turatello, appena il boss finisce in manette, rompe il giuramento di fedeltà, lascia il gioco d’azzardo per la droga alleandosi con i siciliani ed eliminando quelli rimasti fedeli al vecchio capo. Il massacro bestiale e con un movente ancora misterioso di Turatello, sventrato nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros, è la fine di un monarca ormai senza trono. Dura cinque anni il regno di Epaminonda, sostenuto da un esercito privato di pretoriani che si fanno chiamare gli “indiani“.
Ma nel 1984 il vento è girato. La squadra mobile guidata da Achille Serra è stata messa sulle tracce da un informatore di tutto rispetto: Tommaso Buscetta. Nella notte di venerdì 28 settembre il suono prolungato del campanello interrompe il primo sonno di “Angiolino il catanese“, nel rifugio di via Guglielmo Silva, zona Fiera. "Sugnu Turinella". La voce e l’accento siciliano di Salvatore Parisi sono stati imitati alla perfezione. Viene fatto scorrere il chiavistello. La porta è socchiusa. Poliziotti dappertutto e una mezza dozzina di mitra piazzati all’altezza del viso del Tebano. È l’epilogo. Capi ammazzati, capi al gabbio.
Quando quell’epopea pare consegnata per sempre all’album dei ricordi, Renato Vallanzasca veste per una delle ultime volte i panni di Rocambole ed evade dall’oblò della nave che da Genova dovrebbe trasportarlo in Sardegna. È il 18 luglio 1987. Tre mesi dopo sette colpi di rivoltella risuonano nell’aula bunker dove vengono processati Epaminonda e i suoi “indiani“. Estremi sussulti prima che subentri un’altra violenza, più subdola e invisibile.