Lunedì 12 Agosto 2024
GIOVANNI BOGANI
Magazine

La magia di Cuarón: "Gli Oscar non sono nulla. Solo l’amore è la soluzione"

Premio alla carriera al grande regista messicano e lezione magistrale: "Non mi interessa lo stile ma raccontare complessità e contraddizioni dell’umanità".

La magia di Cuarón: "Gli Oscar non sono nulla. Solo l’amore è la soluzione"

Premio alla carriera al grande regista messicano e lezione magistrale: "Non mi interessa lo stile ma raccontare complessità e contraddizioni dell’umanità".

Ha vinto Oscar su Oscar eppure si racconta come uno che non ha vinto niente. Parla delle sue insicurezze, delle sue sconfitte. Dice: "Dopo quel film, mi trovavo in un vicolo cieco", o "dopo quell’altro, finalmente avevo pagato tutti i miei debiti". E quei film sono capolavori, come il sorprendente Y tu mamá también (due premi alla Mostra di Venezia 2001), come Gravity (2013, con Sandra Bullovk) che ha fatto incetta di Oscar (regia e montaggio a lui, poi altri 5 tecnici), come Roma, quello straordinario racconto in bianco e nero sul Messico degli anni ’70, così intimo, così sincero e vero da risultare universale, e arrivare a vincere l’Oscar come miglior film straniero nel 2019.

Lui è Alfonso Cuarón, ospite d’onore al Locarno film festival, che lo celebra con il Lifetime Achievement Award, cioè il premio alla carriera per "personalità del cinema dalla carriera straordinaria". E lui ricambia raccontandosi, in un incontro affollatissimo, nello Spazio cinema del festival. Molti rimangono fuori dal tendone che ospita Cuarón, ma restano impavidi, sotto il sole, ad ascoltare dagli altoparlanti. Altri, studenti di cinema da tutto il mondo, si sono sistemati con oltre un’ora di anticipo.

"La vita è un immenso abisso di solitudine, e solo l’amore è la soluzione", si lascia sfuggire a un certo punto dell’incontro il registai. E in quel momento lo senti vero, al di là di ogni racconto sul film, sullo stile, sul cinema. "A me non interessa lo stile, e non mi interessa neanche insegnare qualcosa: mi interessa raccontare personaggi umani. Con le loro contraddizioni, la loro complessità. Non mi piace mettere le persone su un piedistallo: siamo tutti buoni e cattivi, ridicoli e tragici. Così come per i film: non esistono “i dieci migliori film della storia“, “i cento migliori“, non è una gara. Conta solo l’emozione che provi, da spettatore".

"Il cinema ho desiderato farlo fin da quando ero bambino", racconta il regista, nato 62 anni fa a Città del Messico. "Non lo so esattamente perché: i miei genitori non avevano legami con il cinema. Ma una sera, quando loro erano usciti, io e mio fratello scivolammo nella stanza da letto per vedere la televisione, sperando che ci fosse un film “per adulti“. Così mi immersi nel film, ma non era un film erotico: era Ladri di biciclette. E io mi sono ritrovato a piangere, a ridere, a vedere qualcosa di assolutamente nuovo. E a innamorarmi del cinema, e di cercare di capire il segreto di quelle storie così emozionanti, e insieme così legate alla realtà".

Fra i film che più lo hanno segnato, mette La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. E di Gravity, il film vincitore di 7 Oscar, dice: "Mi ha salvato la vita, dopo il flop terribile de I figli dell’uomo. Ma anche Gravity sembrava destinato all’insuccesso. Ma ci sono delle cose straordinarie che sono i festival di cinema. Dopo la proiezione a Venezia, dove ha aperto la Mostra nel 2013, lo Studio ha cominciato ad amare il film. E dopo Gravity, per la prima volta nella mia vita non ho avuto debiti!".

Del suo film più personale e intimo, Roma, Leone d’oro a Venezia 2018 e Oscar come miglio film straniero, migliore regia e fotografia (sempre di Cuarón), dice: "Ho scritto il copione senza farlo vedere a nessuno, senza consigliarmi con nessuno, senza neanche rileggerlo. E l’ho consegnato agli attori una pagina alla volta, così che anche loro non sapevano come sarebbe andata a finire la loro storia. No, non è stato come fare una seduta di psicanalisi: fare quel film è stato proprio come essere internato in clinica e fare una cura di elettroshock", dice il regista messicano, che continua ad avere un forte legame con l’Italia. È a Pietrasanta, infatti, che vive la ex moglie Annalisa, ed è lì che vanno a scuola i suoi figli, Olmo e Tess. Così come è italiana la regista Alice Rohrwacher, che Cuarón ha scelto di celebrare e incoraggiare, producendone il corto Le pupille, arrivato – anch’esso – a concorrere per l’Oscar.