Guzzo Vaccarino
Un americano a Parigi: il breaking, che dal nativo Bronx è volato ai Jeux Olympiques della Francia danzofila. Le battle virili e le jam maschili, nate prima tra i neri e poi assunte tra i latinos dei quartieri deprivati di New York a fine anni Sessanta, sono approdate a Place de la Concorde come disciplina sportiva new entry. Quella danza-cultura di strada, alternativa alle risse tra gang, dove i più forti competono solo per essere i più inventivi e i più acrobatici, affermando uno stile di vita, completo di graffiti, DJ set con scratching e rap, maxiradio portatili e fashion comodo dedicato, è dilagata in tutto il mondo, è diventata un passaporto condiviso per meeting internazionali live e pure online durante la pandemia.
Pulsa l’anima delle danze africane ancestrali, nel cerchio-cypher, da cui ognuno si stacca per un a solo virtuosistico, con freeze, spin-giri vorticosi anche sulla testa, e footwork intricati, molleggiando sulle braccia e avvolgendosi in spirali elastiche. Anche la capoeira, danza marziale brasiliana, ha trovato casa nel mondo hip hop, migrante e cittadino universale, da Tbilisi ad Algeri a Città del Capo, dalla Colombia all’Australia. Michael Jackson è stato sommo alfiere della creatività afrodiscendente con il suo moon walk; Lil Buck, campione nero-ossa di gomma, nato a Chicago, è stato invitato da Roberto Bolle in tv per Danza con me, oltre che alla Fondazione Vuitton tra le grandi opere della cultura bianca.
Il Breaking era destinato a fiorire in quella Francia postcoloniale che ha sposato lo “sport” dei neri e dei maghrebini di seconda e terza generazione, in transito dalle banlieu ai grandi palcoscenici. Include o addomesticare i giovani ribelli? I punti di vista sono ovviamente tanti e opposti. I nomi dei “figli del passato” promossi in prima fila comunque sono tanti, specie di ascendenze algerine: Rachid Ouramdane, scelto per dirigere il Théâtre du Chaillot parigino, tempio della danza colta, Kader Attou, Hervé Koubi, e Mourad Merzouki, advisor del nuoto sincronizzato francese, che per le “Olimpiadi della cultura” ha curato al Musée d’Orsay la sfilata hip hop; per prepararsi a partecipare c’erano i suoi tutorial online, La danse de jeux, versione base o avanzata.
Nell’Esagono del parkur e dello skatebord ovunque, Parigi nel 2021 aveva dedicato una mostra, Hip-Hop 360, alla Cité de la Musique, per celebrare un’epopea ormai quarantennale, con ampio spazio per le improvvisazioni di rapper e beatboxer. La cerimonia di apertura olimpica è stata affidata, per le coreografie, alla bretone Maud le Pladec, buona amica dell’hip hop, che ha mobilitato a tappe lungo la Senna fino al Trockadero 3000 performer in costumi di materiali recuperati.
Nella neopromossa disciplina Breaking, ad ogni modo, la Francia con sei partecipanti su quaranta selezionati a livello internazionale, dopo le fasi eliminatorie – con tre candidate italiane – si è guadagnata solo la medaglia d’argento con il B-Boy Dany Dann, già premiato nelle competizioni Red Bull Dance your style, ma non ha vinto sul fronte donne, dove le orientali hanno trionfato.
A margine, due B-Girls sono adesso virali, la trentaseienne australiana Rachael Gunn, “Raygun”, che ha presentato mosse inedite, tra cui la “kangaroo”, e Manizha Talash, cresciuta a Kabul e rifugiata, squalificata per aver indossato un mantello con la scritta “Free Afghan Women”.
Hip hop anche nella cerimonia di chiusura allo Stade de France, con al centro Arthur Cadre, breaker e contorsionista, figlio di atleti, tutto coperto di oro riciclato, circondato di 110 acrobati, circensi, ballerini e ginnasti dei vigili del fuoco.