Giovedì 26 Settembre 2024

"La bellezza serve a farci sentire meno soli"

La visione di Stefano Massini, scrittore e drammaturgo amato anche all’estero: "Un uomo di teatro può ancora diventare popolare"

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di Titti Giuliani Foti

"Sono contento di poter parlare di bellezza e non solo perché Dostoevskij scriveva: la bellezza salverà il mondo. Ma perché per me è il racconto della bellezza che salverà il mondo": così Stefano Massini, protagonista domani a Montemarcello (La Spezia) dell’evento Aspettando i dialoghi sulla bellezza, organizzato dalla Regione Liguria e Qn-La Nazione. Scrittore e drammaturgo, Massini è stato definito dal New York Times una delle voci più alte della drammaturgia contemporanea per il suo spettacolo Lehman Trilogy messo in scena da Luca Ronconi (2015) e poi a Londra (2018) dal premio Oscar Sam Mendes. Del suo spettacolo Donna non rieducabile scrisse Le Monde nel 2010, mentre in Italia andava in scena Processo a Dio con Ottavia Piccolo. Altri suoi testi sono in scena alla Comédie-Française di Parigi.

Massini, può esistere un esercizio al bello?

"Penso che la libertà di vedere da un’ottica diversa sia da tutelare. La bellezza va riscattata dal luogo comune secondo il quale questa parola rappresenta solo ciò che è puro, risolto, celestiale, che è sereno, luminoso e anche illuminato. Invece la bellezza è anche ciò che ha delle ombre. Anzi. La bellezza è constatare che c’è una ricchezza e uno stimolo anche in quel che è grigio e cupo, e in quel che in qualche modo è irrisolto. Credo che la bellezza sia questo: sentirsi meno soli".

Nell’annus horribilis dei palcoscenici chiusi una certezza è lei.

"Forse perché i social sembrano contare più delle rappresentazioni vere: la salvezza è che un uomo di teatro può ancora diventare un fenomeno popolare. Per me lo spazio narrativo della tv, quei cinque minuti dove c’è un racconto e un ragionamento, è una grande opportunità di comunicazione".

Lei è stato rappresentato in molti Paesi del mondo: il successo l’ha cambiata?

"Fa effetto perché senti di portare la drammaturgia italiana lontano, anche con i libri. All’estero sono conosciuto soprattutto per i miei libri e questo è ancora più bello perché chi legge, mi scrive dalle parti più lontane del mondo. Quindi sì, a volte mi sento più uno scrittore internazionale che non italiano. La notorietà in Italia me l’ha data soprattutto la tv, per questo sono grato a Corrado Formigli che con Piazzapulita su La7 mi ha messo messo davanti al grande pubblico delle case. È stata sua l’idea di voler inserire in un talk-show politico non il solito comico che fa due battute, ma un piccolo spazio di racconto e riflessione “diverso“ dai soliti cliché tv".

Incontri ravvicinati?

"Una volta a Marsiglia alla presentazione del mio libro, alla fine, una persona mi dice: sono venuto per sentirla parlare, sono Daniel Pennac. E ho avuto spettatori illustri come Barbra Streisand che ha scritto su Internet: che bello lo spettacolo di questo autore italiano. Ma il successo non mi ha cambiato".

A teatro in Italia quando la rivedremo?

"Debutterò alla Pergola di Firenze con Storie, assieme a Paolo Jannacci e Daniele Moretto, spettacolo che è stato sold out al Piccolo di Milano. In scena presento racconti e riflessioni: perché l’uomo racconta storie, perché questo desiderio? Mi pare intollerabile che sia così poco, il poco che possiamo fare".

Drammaturgo e scrittore scoperto all’estero: fa effetto?

"Sono legato alla Francia per la prima considerazione che ha avuto per me. Una volta fu buffo: arrivai a Parigi; all’aeroporto una signora mi disse: ma lei è lo scrittore Stefano Massini? Non mi era mai successo di essere riconosciuto. E sì, fa molto effetto: come quando vidi il mio nome proiettato sul grande schermo in Times Square a Broadway e sull’Empire State Building. O in Iran, a Teheran, quando portavano in scena un mio testo sui diritti delle donne che fece molto discutere".

Dalla Lehman Trilogy che racconta un’azienda che ha cambiato il mondo, al suo impegno nelle fabbriche come nel caso nazionale della Gkn.

"Sono battaglie che non puoi non fare. E questa della Gkn è una di quelle. La cultura parla sempre di umanità, di bellezza, tornando al tema: credo che la bellezza sia anche lavorare per la dignità di qualcuno. In quella fabbrica era stata messa a repentaglio la dignità dei lavoratori. E il posto giusto per me era proprio essere lì, accanto ai lavoratori. A tutela della dignità per una battaglia di bellezza".