Giovedì 26 Settembre 2024
MASSIMO TASSI
Magazine

Lo "Sparviero", antenato del drone: l'arma segreta di Mussolini

Nell’agosto del 1942 la missione (fallita) dello “Sparviero“, primo velivolo-bomba senza pilota della nostra Aeronautica militare

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Uno Sparviero camuffato da canarino sfreccia nei cieli del Mediterraneo come precursore dei droni odierni, sfidando tempeste di fuoco. I labirinti della storia ci conducono alla Seconda guerra mondiale, quando creatività, progettazione e sperimentazione sfociano nella corsa alle armi. E c’è un alone di mistero, come racconta Marco Zagni nel suo recente libro I velivoli segreti dell’Asse. Dalla realtà al mito (Mursia, pag. 250, 18 €), perché in alcuni casi si tratta di soluzioni proiettate nel futuro.

Negli anni ’30 in Italia c’è una capillare attività applicata a missilistica, radioguida e sviluppo motori. Nel 1940, con la guerra, la Regia Aeronautica pensa a velivoli privi di equipaggio, comandati a distanza, dotati di ordigni devastanti. Droni, li chiameremmo oggi. L’obiettivo è colpire la flotta inglese, evitando perdite tra i piloti.

Le ricerche si svolgono in uffici di Roma e alla “Sezione applicazioni speciali” di Guidonia. Al progetto lavorano ingegneri, aviatori, alti graduati, tra cui De Bernardi, Cerini, Marino, Montuschi, Raffaeli. Lontano da occhi indiscreti un Savoia Marchetti 79 “Sparviero” si alza in volo con un’insolita livrea gialla. È denominato “Canarino”. Una soluzione che lo renderebbe ben visibile e vulnerabile, con scarse probabilità di rientro alla base. Ma c’è qualcosa di ancora più strano: l’aereo è privo di equipaggio. È tallonato da un altro “Sparviero”, che ne osserva le evoluzioni grazie al colore facilmente individuabile nell’orizzonte dove cielo e mare si fondono. Si sta sperimentando un comando a distanza, teleguidato.

La soluzione prevede il volo in contemporanea di due aerei. Poco dopo il decollo, il pilota del velivolo esplosivo dotato di apparecchiatura ricevente, deve abbandonare il mezzo, paracadutandosi. Il comando passa all’altro aereo, con radiocomando trasmittente per orientare il drone verso l’obiettivo.

Nel 1942 la scena si sposta a Villacidro, in Sardegna, dove il terribile “Sparviero” si annida imbottito di esplosivi, con la classica colorazione. Il 12 agosto l’atmosfera sulla pista è resa infuocata dal sole e dalla tensione. Sta per scatenarsi la “Battaglia di mezzo agosto”, in quota va componendosi la formazione che ha nel mirino la portaerei Victorious e i suoi Hurricane.

Il drone viene abbandonato dal pilota Mario Badii, che si lancia. Il velivolo-bomba è sotto il controllo dell’aereo pilota, un Cant Z 1007 con equipaggio composto da Monticelli, Raffaelli, Palmieri, Rospigliosi. All’improvviso, odore di bruciato, un’esile scia di fumo. C’è un guasto al radiocomando, non è possibile orientare il drone, che, dopo un lungo volo senza controllo, si schianta tra le alture dell’Algeria. Un sopralluogo rivela un cratere spaventoso. Prosegue lo sviluppo del progetto, che mette in allarme i servizi segreti inglesi.

L’evoluzione passa all’Aeronautica Lombarda di Cantù: sotto la direzione di Stelio Frati e Ermenegildo Presti viene realizzato uno specifico aereo da assalto radioguidato. Il sistema trasmittente è collocato su un caccia Macchi “Folgore”. Il prototipo è collaudato da Nello Valzania il 13 giugno 1943 a Venegono (Varese), poi trasferito a Guidonia. Si pensa alla produzione in serie.

L’Armistizio mette la parola fine all’intento, il precursore del drone vola verso il crepuscolo. Per scomparire nel nulla, rafforzando l’enigma di una via italiana alle armi sperimentali.