"Se si pensa ai Promessi sposi, i protagonisti non sono certo Renzo e Lucia, ma Don Abbondio e il suo modo di essere. Questo vale anche per L’abbaglio, in cui i due personaggi di Ficarra e Picone non ricordano troppo quelli di Gassman e Sordi della Grande guerra in cui c’era ancora speranza, mentre in loro c’è l’eterno defettibile che tiene spesso in piedi il nostro Paese". Così Roberto Andò ha presentato ieri a Roma il suo ultimo film, L’abbaglio, in sala dal 16 gennaio con 01, che racconta l’impresa dei Mille nel 1860 con Garibaldi (Tommaso Ragno), il colonnello palermitano, amletico e filosofo, Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo) e due siciliani come tanti, Domenico Tricò (Ficarra), contadino emigrato al Nord, e Rosario Spitale, illusionista e baro (Picone).
In questo film, costato ben 18 milioni di euro e spesso recitato in dialetto stretto (ci sono i sottotitoli), l’impresa garibaldina, con tanto di sbarco e grandi battaglie da kolossal e la storia di questi due ultimi che inizialmente disertano e poi, solo alla fine, ritrovano un po’ di quella dignità che saranno pronti a perdere anni dopo. "Considero questo film – dice ancora il regista palermitano – un po’ il mio western con la Sicilia come terra di frontiera, e Garibaldi che è visto dai picciotti come un Gesù Cristo".