Milano, 3 settembre 2019 - C’è un dato di fatto di cui Jovanotti può stare certo nell’attesa di atterrare il 21 settembre a Milano per la chiamata finale del suo Jova Beach Tour: all’aeroporto di Linate il fratino euroasiatico non nidifica. Già perché l’uccelletto ha tenuto in ostaggio per tutta l’estate lui e i 52 tir al seguito, mettendolo nel mirino degli ambientalisti.
Nonostante l’egida sul tour del Wwf, la polemica iniziata in alta montagna con le accuse di Reinhold Messner alla tappa di Plan de Corones (poi rientrate con calorosa stretta di mano) s’è spostata da subito a valle con i difensori del piccolo trampoliere. E se in quota "Reinhold s’era opposto a questa festa, ma gli ho spiegato che il mio pubblico non è di hooligans; il mio pubblico è intelligente e avrebbe lasciato questa valle meglio di come l’ha trovata", aggiungendo che "viviamo in un Paese dove le cose vengono bloccate ancora prima di farle", sulla battigia Jova ha usato modi ancor meno concilianti. Col tour ormai in dirittura d’arrivo Jovanotti ha pensato di togliersi dalla scarpa il macigno che portava da mesi dando una lezione di ambientalismo agli ambientalisti con un lungo post pubblicato ieri sulla sua pagina Facebook. "Non mi sarei mai aspettato – ha esordito – che il mondo dell’associazionismo ambientalista fosse così pieno di veleni, divisioni, inimicizie, improvvisazione, cialtroneria, sgambetti tra associazioni, protagonismo, narcisista, tentativi di mettersi in evidenza gettando discredito su tutto e su tutti, diffondendo notizie false, approfittando della poca abitudine al ‘fact checking’ di molte testate". E poi ancora, dando sfogo al Napalm 51 che gli si agita dentro: "Il mondo dell’ambientalismo è più inquinato della scarico della fogna di Nuova Delhi!", un colpo da knock-out. "Io ogni giorno da novembre scorso – prosegue Jovanotti nel post – mi confronto, e con me i responsabili della produzione, con il Wwf e chiediamo a loro se le cose che girano in rete sono credibili e la risposta è sempre stata, dopo ogni verifica fatta, che non lo sono. C’era una criticità (non accertata pienamente, diciamo un rischio di criticità) sulla spiaggia di Ladispoli e ci siamo spostati. Le altre spiagge dove Jova Beach Party ha portato gioia, messaggi seri sui comportamenti adottabili da subito per ridurre il proprio impatto ambientale, amore, cultura, economia, goduria, coraggio, spirito avventuroso e originalità sono tutte spiagge dove ci vanno le persone per tutto l’anno e tutta l’estate, luoghi popolari, spesso affollati. Ci siamo presi cura di ogni aspetto legato alla tutela dell’ambiente investendo più delle risorse disponibili, e ci siamo sottratti alla spocchia pelosa di molti farabutti che dietro alla maschera dell’ambientalismo nascondono ansia di protagonismo quando non disonesta ricerca di incarichi ben pagati con denaro pubblico o donazioni di gente raggirata con false immagini a effetto, ripeto: false, taroccate, inventate, decontestualizzate, drammatizzate ad arte".
"Pensate – prosegue il cantante – che in una spiaggia una delle tante denunce preventive che abbiamo avuto sosteneva che avremmo danneggiato una specie floreale e allegava foto specifiche che poi si sono rivelate essere fiori che crescono nel sud del Pacifico, fiori che nel Mediterraneo non esistono neanche dal fioraio. Hanno detto bugie a raffica, ogni giorno taggando me per sbracciarsi nella folla dei social per un follower in più". Ovviamente basiti gli ambientalisti. "Siamo esterrefatti dal linguaggio che Jovanotti ha utilizzato su Facebook. La sua è una caduta di stile che ci ha lasciato amareggiati" ha ribattuto a caldo la presidente di Italia Nostra Mariarita Signorini, dando la stura alla sequela di reazioni indignate. "Italia Nostra ha monitorato i concerti di Jovanotti in alcune location considerate particolarmente sensibili tra queste quella di Rimini e quella di Roccella Jonica e a Praia a Mare, di fronte all’isola di Dino. Non abbiamo niente da ridire sui concerti di Jovanotti purché siano organizzati in luoghi idonei e non in spiagge, come quella di Rimini, che era diventata un sito di ripopolamento faunistico" ha detto, aggiungendo: "Forse la scelta delle spiagge è stata dettata dal desiderio di economizzare sul costo delle location". E qui la signora è fuori strada, perché tutto si può dire tranne che il Jova Beach Party è stato un trionfo commerciale, visto che i 400mila spettatori richiamati in 16 concerti hanno portato nelle casse 24 milioni di euro che, a fronte di 1,5 milioni di costi a tappa, pareggiano a fatica i conti e che quindi la data di Milano serve anche a ossigenare i bilanci. "Jovanotti ha diritto di chiamare in causa chi crede ma è anche vero che se uno pensa di fare dei concerti, che per fortuna sua sono così affollati, in un ecosistema fragile non può aspettarsi che stiamo lì a guardare", ribatte Carla Rocchi, presidente di Enpa.
E il presidente di Legambiente Stefano Ciafani precisa: "Non c’è un problema tra ambientalisti, noi con Wwf e Greenpace e altre associazioni lavoriamo continuamente. Sono stati fatti rilievi puntuali, non per mettere in cattiva luce Jovanotti o Wwf, su tre tappe: quella in provincia di Ferrara, sulla tappa di Policoro in Basilicata e di Roccella Jonica in Calabria, nella prima c’era un problema sulla presenza del fratino, sulle altre due di nidificazione delle tartarughe Caretta Caretta". L’avessero criticato per le 91 tonnellate di Co2 che i 52 tir dell’ "eco-concerto" hanno sparso nell’aria divorandosi qualcosa come settemila chilometri di strada ciascuno, gli ambientalisti avrebbero suscitato reazioni meno indignate che la difesa del fratino… mannaro.