Giovedì 4 Luglio 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Magazine

Isozaki, un archistar fra Oriente e Occidente

Morto a 91 anni il progettista che modernizzò il Giappone e si aprì alla classicità. In Italia “il Dritto“ di Milano e la contestata Loggia per gli Uffizi

Arata Isozaki, morto a 91 anni: nel 2019 ha ricevuto il premio Pritzker Architecture

Arata Isozaki, morto a 91 anni: nel 2019 ha ricevuto il premio Pritzker Architecture

Roma, 30 dicembre 2022 - In principio fu Hiroshima. Arata Isozaki, morto ieri a 91 anni, aveva allora 14 anni, e cominciò il 6 agosto 1945, assistendo alla prima esplosione atomica della storia, a pensarsi come architetto. Sarebbe poi divenuto un “archistar“ geniale e famoso in tutto il mondo. "Quando ero abbastanza grande per iniziare una comprensione del mondo – ha spiegato una volta – la mia città natale fu bruciata. Dall’altra parte della costa, la bomba atomica è stata lanciata su Hiroshima, quindi sono cresciuto vicino al punto zero. Era in rovina completa e non c’erano architettura, edifici e nemmeno una città. Solo caserme e rifugi mi circondavano. Quindi, la mia prima esperienza di architettura è stata il vuoto dell’architettura e ho iniziato a considerare come le persone potrebbero ricostruire le loro case e città".

La carriera di Isozaki è stata un crescendo di impegno e di grandiosità, in un legame inscindibile di teoria architettonica e pratica concreta. È stato un innovatore e un esploratore, legatissimo alla forza geometrica del “modello giapponese“ ma aperto all’influenza culturale, artistica e architettonica dell’occidente, specie la classicità.

Dopo la laurea in architettura all’Università di Tokyo nel 1954, è stato allievo di Kenzo Tange (1913-2005), ma presto avrà uno studio tutto suo. La sua vocazione è fin dall’inizio quella di architetto su commissione pubblica: nel corso del tempo creerà grandi edifici per musei, istituzioni, per l’Expo 1970 di Osaka, per i Giochi olimpici di Barcellona e Torino e molti altri.

Il Giappone della ricostruzione post bellica è il suo terreno d’elezione. Si tratta di immaginare il profilo di un paese proiettato nel futuro, forte di una tradizione antichissima ma desideroso di profondo rinnovamento. Partecipa con altri giovani architetti al grande progetto del Piano Tokyo 1960, guidato da Tange: era l’idea di un’espansione della capitale verso la baia,rubando spazio al mare, con strutture ad alto tasso tecnologico, espressione di un ottimismo e di uno slancio innovatore e utopico tipico di quella fase della storia giapponese.

Fra gli edifici più noti progettati da Isozaki, spiccano il Gunma Museum of Modern Art, aperto nel 1974 a Takasaki, costruito per moduli cubici di 12 metri di lato; la Art Tower Mito, sempre in Giappone, un complesso che include un teatro, una sala da concerti, uno spazio espositivo, famoso per la torre elicoidale in lamiera; all’estero, fra tanti altri progetti, come la Domus di La Coruña (1995), con la facciata in lastre di ardesia e le scalinate in granito, o l’elegante e modernissimo Palazzo dello sport “San Jordi“ di Barcellona (1990), c’è il nuovo Museo di arte contemporanea di Los Angeles (1979), frutto di una sensibilità che unisce classicità e passione tecnologica. Nel suo curriculum c’è stato spazio anche per il design: la sua “sedia Monroe“, con il flessuoso schienale, era ispirata a una foto di nudo di Marilyn.

Isozaki ha molto lavorato anche in Italia, con lo studio di Andrea Maffei, firmando opere come l’avveniristico Palasport di Torino (il “PalaIsozaki“), la Torre Allianz di Milanocity (“il Dritto“) che ha ridisegnato la skyline della città, la nuova biblioteca comunale di Maranello (Modena), coi suoi “muri verdi“, le enormi vetrate, i muri bianchi, i giochi d’acqua e di luce.

Come tutti gli innovatori, Isozaki è stato anche criticato e contestato: fra i suoi progetti più controversi, la nuova uscita monumentale sul retro della Galleria degli Uffizi a Firenze, una Loggia in acciaio e vetro con rivestimenti in pietra serena in attesa da oltre vent’anni d’essere realizzata.

Da archistar internazionale e dopo aver lavorato in tutto il mondo – dall’Europa agli Stati Uniti, dalla Cina all’Australia – ottenendo premi prestigiosi come il “Pritzker“ nel 2019, Isozaki non ha mai abbandonato la sua tensione verso l’inesplorato, a costo di scontentare o spiazzare gli stessi committenti: "Mi interesso – diceva – agli incalcolabili limiti di concetti architettonici, ai rapporti tra i miei scritti e i miei edifici. Ogni nuovo edificio dovrebbe essere fondato su un’altrettanto specifica idea o strategia, che non sia stata ancora costruita o non sia stata ancora accettata dal pubblico".